AMARE I NEMICI

Martedì – VII settimana del Tempo Ordinario
Se ieri il libri dei Re ci è servito per non fraintendere la parola del vangelo, oggi accade il contrario. Sono le infuocate parole di Gesù a farci entrare nelle profondità di un racconto di peccato, pentimento e perdono. Vicenda purtroppo così ordinaria, nella quale ci risulta sempre un po’ difficile fare i conti non chi sembra porsi contro i nostri movimenti e i nostri progetti. Coloro che il nostro cuore non esita a considerare nemici.   

«Avete inteso che fu detto: “Amerai il tuo prossimo” e odierai il tuo nemico.
Ma io vi dico: amate i vostri nemici e pregate per quelli che vi perseguitano, 
affinché siate figli del Padre vostro che è nei cieli» (Mt 5,43-44)

Se in astratto questo invito non può che sembrarci esagerato e arduo da praticare, in pratica esso risulta molto più realistico e possibile di molte altre strade, (solo) apparentemente più facili o risolutive. Ne offre una singolare conferma la storia di Acab, colpevole di aver ceduto ai capricci del cuore e, ancora di più, di aver permesso alla moglie di tradurli in progetti di prevaricazione e di morte. Raggiunto dalla temibile sentenza di condanna che il Signore ha affidato alla voce del profeta Elia, sorprendentemente, il malvagio re si lascia trovare.   

Acab disse a Elìa: «Mi hai dunque trovato, o mio nemico?». Quello soggiunse: 
«Ti ho trovato, perché ti sei venduto per fare ciò che è male agli occhi del Signore» (1Re 21,20-21)

Il breve scambio di battute tra il re e il profeta contiene due rivelazioni. Il male lo possiamo fare solo dopo esserci venduti ad altri, anziché esserci offerti — così come siamo — a Dio. Questa è la prima. La seconda è ancora più abbagliante: il nostro vero nemico non è chi ci perseguita, ma chi viene a svelarci la verità del nostro bisogno di essere salvati. Acab si arrende di fronte al nemico dei suoi misfatti, lasciando che quella particolare forma di inimicizia il cui nome è — semplicemente — “verità” lo introduca in una profonda umiliazione. 

Quando sentì tali parole, Acab si stracciò le vesti, indossò un sacco sul suo corpo e digiunò;
si coricava con il sacco e camminava a testa bassa (21,27)

Amare i nemici non è un comandamento impossibile. È un cammino di verità per chi ha cominciato ad avere un’idea de sé non più ingannata, ma purificata dalle umiliazione e dai fallimenti della vita. I nemici li può amare chi sa che la vita ha bisogno di essere perdonata per crescere. Chi è persuaso che la perfezione è — solo — nell’amore. Che (si) dona anche quando non è giusto e non conviene. Perché così è bello. 

«[...] affinché siate figli del Padre vostro che è nei cieli; 
egli fa sorgere il suo sole sui cattivi e sui buoni, 
e fa piovere sui giusti e sugli ingiusti» (Mt 5,45)

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