AFFONDARE

Lunedì – XIII settimana del Tempo Ordinario
Le parole di Gesù nel vangelo di oggi paiono dure e nette. Troppo, forse, se poste in relazione con i desideri — apparentemente — sinceri e le richieste — apparentemente — legittime che uno scriba e un discepolo provano a manifestare a un Signore sempre più concentrato e proteso al compimento della sua missione. 

«Le volpi hanno le loro tane e gli uccelli del cielo i loro nidi, 
ma il Figlio dell’uomo non ha dove posare il capo [...]
Seguimi, e lascia che i morti seppelliscano i loro morti» (Mt 8,20.22)

In realtà le risposte di Gesù, per quanto possano sembrare poco sensibili alle condizioni — magari anche alla debolezza — dei suoi interlocutori, nascono da una profonda attenzione al modo con cui la nostra umanità è capace di rimanere in posizioni tragicamente ambigue. Pur vedendo molta folla attorno a sé, il Maestro intuisce che essere vicini non significa anche essere disposti a desiderare prima di tutto il Regno di Dio. Per questo la sua proposta di viaggio è un ordine.

In quel tempo, vedendo la folla attorno a sé, Gesù ordinò di passare all’altra riva (8,18)

Le condizioni ambigue in cui la nostra vita può versare non coincidono solo con quelle posizioni di stallo dove spesso ci troviamo. Quei periodi — talvolta interminabili — nei quali ci scopriamo così incapaci di prendere decisioni o assumere responsabilità. Con amarezza, dobbiamo riconoscere che dietro alle scuse con cui dilazioniamo la risposta alla voce del Signore si nascondono veri e proprio delitti, mancanze di amore subentrate come vizi nelle pieghe dei nostri giorni.

«[...] perché hanno venduto il giusto per denaro e il povero per un paio di sandali, 
essi che calpestano come la polvere della terra la testa dei poveri 
e fanno deviare il cammino dei miseri» (Am 2,6-7)

Quando la distanza tra noi e Dio si è fatta così grande — pur dentro l’illusione di una certa prossimità — su di noi non può che abbattersi il suono della minaccia. Non quella di chi, adirato, vuole infliggerci una punizione. Quella di chi, così affezionato a noi, è disposto a metterci a nudo, piuttosto che vederci camminare dietro a lui coperti di stracci e maschere. E così ordina alla terra sotto i nostri piedi di tremare. Per dirci, con forza, che affondare è meglio che sopravvivere. 

«Ecco, vi farò affondare nella terra, come affonda un carro quando è tutto carico di covoni. 
Allora nemmeno l’uomo agile potrà più fuggire né l’uomo forte usare la sua forza, 
il prode non salverà la sua vita né l’arciere resisterà, non si salverà il corridore 
né il cavaliere salverà la sua vita. 
Il più coraggioso fra i prodi fuggirà nudo in quel giorno!» (2,13-16)

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