CONTRO DIO

Venerdì – II settimana del Tempo di Pasqua
Lo stimato dottore della Legge Gamalièle, pur non avendo aderito all’insegnamento e alla proposta di Gesù Cristo, sembra capace di rapportarsi con lui  — e con ciò che egli ha suscitato, la comunità dei credenti — a partire da un’intelligenza tutt’altro che scontata.

«Ora perciò io vi dico: non occupatevi di questi uomini e lasciateli andare.
Se infatti questo piano o quest’opera fosse di origine umana, verrebbe distrutta;
ma, se viene da Dio, non riuscirete a distruggerli. 
Non vi accada di trovarvi addirittura a combattere contro Dio» (At 5,38-39)

Se da un lato questo ragionamento potrebbe sembrare il frutto di una prudenza umana — non sempre così scontata nemmeno trai credenti — dall’altro esso denota invece un’apertura a Dio e ai suoi imperscrutabili disegni che è manifestazione di quella disponibilità di cuore che siamo soliti chiamare “fede”. Credere in Dio non significa, anzitutto, conoscere o pronunciare formulazione teologiche corrette e opportune. Il primo luogo dove la fede si manifesta è semplicemente la vita e il nostro modo di stare davanti ai suoi continui appelli. 

Allora Gesù, alzàti gli occhi, vide che una grande folla veniva da lui e disse a Filippo:
«Dove potremo comprare il pane perché costoro abbiano da mangiare?».
Diceva così per metterlo alla prova; egli infatti sapeva quello che stava per compiere (Gv 6,5-6)

La risposta di Filippo la conosciamo. Dopo un rapido calcolo, la miglior reazione alla provocazione del Maestro è la notifica dell’impossibilità di andare incontro al bisogno presente nella realtà. Lo sguardo aperto della fede viene invece segnalato da Andrea, che è costretto a presentare l’esuberanza di un ragazzo per nulla preoccupato di dover misurare la sua piccola merenda da offrire a tutti.  

«C’è qui un ragazzo che ha cinque pani d’orzo e due pesci;
ma che cos’è questo per tanta gente?» (6,9)


Nonostante il ridotto campo visivo dei discepoli, il Signore Gesù sorride davanti a chi smette di combattere contro la follia e la creatività del suo amore. E divide, cioè moltiplica la vita per tutti. Anche noi, in questi giorni di Pasqua, dobbiamo riconoscere quando il nostro sguardo resta prigioniero di misure ancora troppo umane e carnali e finisce, se non per lottare contro Dio, almeno per contristare l’opera che il suo Spirito vuole compiere in noi e nel mondo. Svuotare le tasche, senza tristezze, né protagonismi, è il modo migliore di leggere la storia. Per diventare alleati dell’unico re che fugge davanti alla celebrità. Mai dai nostri volti.  

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