AVERE DOMANDE

Giovedì – III settimana del Tempo di Pasqua
Le parole del Signore Gesù, soprattutto quando sono incandescenti, profonde, assolute, come quelle di oggi, sanno regalare ai discepoli di ogni tempo inaspettati sospiri di sollievo.

«Nessuno può venire a me, 
se non lo attira il Padre che mi ha mandato» (Gv 65,44)

Questo celebre detto di Gesù, ascoltato con attenzione, più che una pretesa sancisce un parametro di salvezza per il nostro cammino di fede. Dichiara senza esitazioni che la salvezza di Dio non è conquista, ma dono. Dobbiamo ammettere che molto facilmente dimentichiamo questo fondamentale corollario del vangelo, troppo immersi nelle cose e nelle responsabilità che il cielo ha affidato alla nostra cura. Purtroppo o per fortuna, poi, la vita così diventa pesante, perché inizia ad assomigliare a un progetto di cui noi siamo gli artefici, un edificio che costruiamo con le nostre forze. Il vangelo getta luce: il cammino verso la vita eterna si sviluppa per forza di attrazione e non di volontà, si sviluppa per desiderio più che per costrizione. Affinché questo corollario non si trasformi in un elogio al legittimo disimpegno, il Maestro aggiunge altre, indispensabili parole. 

«Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. 
Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno
e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo» (6,51)

È molto banale, ma per mangiare serve una cosa: avere fame. Come senza appetito non si è attratti dal cibo, così senza un profondo desiderio di vivere fino in fondo l’avventura della nostra umanità non ci si può coinvolgere con la missione di Cristo. Dunque la salvezza è un regalo che non possiamo né dobbiamo fabbricare, eppure abbiamo il compito di desiderarlo, di averne fame. Atteggiamenti che risaltano in quell’Etìope di cui parlano oggi gli Atti. Pur essendo «amministratore di tutti» i «tesori» della «regina di Etiòpia» (At 8,27) — quindi una persona “arrivata” da un certo punto di vista — l’eunuco è un uomo affamato, pieno di domande, come rivela il suo dialogo con l’apostolo Filippo. 

«E come potrei capire se nessuno mi guida?» (At 8,31), 
«Ti prego, di quale persona il profeta dice questo? 
Di se stesso o di qualcun altro?» (8,34) 
«Ecco, qui c’è dell’acqua; che cosa impedisce che io sia battezzato?» (8,37)

Essere affamati, essere guidati: sono sempre queste le fondamentali libertà che possiamo prenderci per riconoscere il volto di Gesù e la sua parola di salvezza. Per restare in contatto con le falde battesimali della nostra vita e, quindi, riprendere il cammino della croce con la gioia di sentirci infinitamente amati da Dio. Di sapere che davanti a lui, una strada per noi — e per gli altri — rimane sempre spalancata. E i nostri piedi la possono percorrere. 

Quando risalirono dall’acqua, lo Spirito del Signore rapì Filippo e l’eunùco non lo vide più; 
e, pieno di gioia, proseguiva la sua strada (8,39)

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