RIBELLIONE

Martedì della II settimana – Tempo di Quaresima
Oggi la parola di Dio ci raggiunge con forza, assegnando un nome originale alla trappola del ritualismo o del formalismo religioso: ribellione. Non sempre ce ne accorgiamo e non sempre questo atteggiamento assume la forma dell’aggressività e della trasgressione. La voce netta e nitida del profeta assicura invece che in fondo a ogni ribellione ci può essere un problema di mancato ascolto o, peggio ancora, di formale docilità.

Se sarete docili e ascolterete, mangerete i frutti della terra. 
Ma se vi ostinate e vi ribellate, sarete divorati dalla spada (Is 1,19-20)

Per noi è difficile capire che questo modo di rivolgersi a noi con estremo realismo non contiene alcuna accusa, ma solo il desiderio che la nostra vita si converta al meglio, qualunque siano le sue attuali circostanze. 

Anche se i vostri peccati fossero come scarlatto, diventeranno bianchi come neve. 
Se fossero rossi come porpora, diventeranno come lana (1,18)

Le parole del vangelo ci indicano una strada molto concreta in cui cercare i segni attraverso cui si manifesta la nostra ribellione alla volontà di Dio. L’atteggiamento degli scribi e dei farisei — denunciato dal Signore Gesù davanti alle folle e ai discepoli — è quello di chi non trova facile rimanere comodamente seduto tra i banchi di scuola dei discenti, perché preferisce sollevarsi sulle punte dei piedi, mendicando un nome per sentirsi superiori agli altri. 

«Tutte le loro opere le fanno per essere ammirati dalla gente: 
allargano i loro filattèri e allungano le frange; si compiacciono dei posti d’onore nei banchetti, 
dei primi seggi nelle sinagoghe, dei saluti nelle piazze, 
come anche di essere chiamati “rabbì” dalla gente» (Mt 23,5-7)

Così, quasi sempre, diventiamo ribelli, quando ci ostiniamo a (voler) essere più che discepoli. Dimenticando che quando Dio ci prescrive qualcosa di importante lo fa per evitarci la fatica di inutili sforzi e, soprattutto, di soprabiti. Ridicoli quando non diventano anche patetici. 

Ma voi non fatevi chiamare «rabbì», 
perché uno solo è il vostro Maestro e voi siete tutti fratelli (23,8)

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