COINVOLGERSI

Giovedì – I settimana del Tempo di Quaresima
La bella Ester, in un momento di estremo pericolo per il popolo di Israele, si dimostra regina quando sceglie di mettere da parte privilegi e paure, per chiedere a Dio la forza di bussare alla porta del re Assuero. Non si trattava di una piccola impresa dal momento che, secondo le antiche giurisdizioni persiane, nessuno poteva presentarsi al re sua sponte — nemmeno la regina — senza incorrere nel rischio di essere messo a morte. Nella debolezza, la preghiera diventa l’unica forza di Ester.

Vieni in aiuto a me che sono sola e non ho altro soccorso all’infuori di te, o Signore,
perché un grande pericolo mi sovrasta (Est 4,17q)

In tal modo, la bella regina si rivela già discepola del Signore Gesù e dei suoi insegnamenti. Mentre, infatti, riconosce l’unicità di Dio e la necessità del suo aiuto, Ester matura la consapevolezza che il destino del suo popolo è indissolubilmente legato alla sua personale disponibilità a coinvolgersi e a compromettersi in prima persona, riconoscendo di essere l’unica persona che può fare qualcosa per salvare Israele ormai votato allo sterminio. 

Chiedete e vi sarà dato; cercate e troverete, bussate e vi sarà aperto. 
Perché chiunque chiede riceve, e chi cerca trova, e a chi bussa sarà aperto (Mt 7,7-8)

La vera difficoltà nella preghiera — non quella estemporanea o superficiale, ma quella che getta il cuore e la speranza nelle mani di Dio — non è solo un problema di costanza o di sincerità, ma di fiducia nella forza e nella possibilità del bene. Lo spiega con chiarezza il Signore Gesù, facendo notare come in noi esista un’insopprimibile capacità di fare opere buone e generose da cui — almeno ogni tanto — dovremmo trarre sapienza. 

Chi di voi, al figlio che gli chiede un pane, darà una pietra? 
E se gli chiede un pesce, gli darà una serpe?
Se voi, dunque, che siete cattivi, sapete dare cose buone ai vostri figli,
quanto più il Padre vostro che è nei cieli darà cose buone a quelli che gliele chiedono! (Mt 7,9-10) 


Forse le difficoltà che sperimentiamo nella preghiera coincidono con una certa sfiducia che proviamo nei confronti del bene e nella sua capacità di cambiare le cose. Per questo ci scopriamo incapaci di coinvolgerci in prima persona nelle situazioni, spesso dolorose e tristi, per le quali soffriamo e preghiamo. In fondo, affidarsi al cielo e impegnarsi sulla terra sono due facce della stessa medaglia, un’unico battito d’ali. Un atto di libertà che sempre, anche oggi, possiamo compiere. 

Commenti