RIMORSO

Mercoledì – IV settimana del Tempo Ordinario
Venuto nella sua patria insieme ai discepoli, il Signore Gesù di sabato si mette a insegnare nella sinagoga, annunciando il vangelo del regno di Dio. Ma, proprio qui «tra i suoi parenti e in casa sua» viene misurato e giudicato, ricevendo la peggiore delle accoglienze. I cittadini di Nazaret non riescono a essere aperti di fronte alla novità che Dio manifesta loro nell’umanità di quel falegname così ordinario e familiare per essere un Messia. 

Ed era per loro motivo di scandalo (Mc 6,3)

La prima lettura ci offre una chiave di comprensione per questo mistero di inospitalità, che purtroppo racconta una certa impermeabilità con cui, anche noi, molto spesso neutralizziamo la logica sublime e scomoda dell’Incarnazione. Nel peccato di Davide che, una volta diventato re, si mette a conteggiare i suoi uomini e i suoi possessi, possiamo riconoscere una certa attitudine a porci davanti alla realtà con uno sguardo puramente quantitativo. Davide fa il conto degli uomini a disposizione, nel tentativo di mettersi in tasca il mistero della realtà premunendosi da eventuali sorprese che il domani possa riservare. 

Il re Davide disse a Ioab, capo dell’esercito a lui affidato:
«Percorri tutte le tribù d’Israele, da Dan fino a Bersabea, 
e fate il censimento del popolo, perché io conosca il numero della popolazione» (2Sam 24,2)

Si tratta di un tipico atteggiamento di controllo, figlio della paura che qualcosa di ignoto e di improvviso possa turbare il nostro — apparente — equilibrio raggiunto. Simile alla chiusura che ha impedito ai concittadini di Gesù di ascoltare la novità del suo insegnamento. Fortunatamente Dio ci ha creati provvisti di indistruttibili sensori interni, che ci segnalano quando andiamo fuori rotta. Il re Davide, dopo aver ordinato il censimento, viene (letteralmente) «percosso» dal suo cuore, raggiunto dalla grazia del rimorso, dall’emergere della coscienza morale alla quale conviene solo arrendersi.  

«Ho peccato molto per quanto ho fatto; ti prego, Signore, togli la colpa del tuo servo,
poiché io ho commesso una grande stoltezza» (24,10)

Davide dovrà passare attraverso una grande pena (tre giorni di peste) che trasformerà il suo cuore in quello di un pastore buono, capace di guardare altri non più come pedine del proprio scacchiere, ma come pecore da pascere con amore. Anche a noi è sempre accordata l’opportunità di abbandonare le strategie difensive con cui tentiamo — inutilmente — di schermarci dai rischi e dalle sorprese seminate con saggezza da Dio nei nostri sentieri. Sempre possiamo smettere di fare i conti e aprirci alla grazia della volontà di Dio. Senza alcun rimorso.

Commenti