NON (SOLO) DA NOI

Martedì – VI settimana del Tempo Ordinario
Sulla «barca» della Chiesa nascente si crea velocemente il panico, quando i discepoli si accorgono di aver dimenticato di «prendere dei pani» e non riconoscono la preziosità di avere «un pane solo» (8,14), il Signore Gesù presente in mezzo a loro. Anche noi spessi andiamo in tilt e temiamo di non avere abbastanza nutrimento e risorse per arrivare fino «all’altra sponda» (8,13). Assorbiti da innumerevoli e irragionevoli fobie, pure noi — discepoli del terzo millennio — riusciamo a convivere con autentici buchi neri nello spazio della nostra fede. Ci piace sentirci e dirci credenti, parlare e professare la nostra fede davanti agli occhi degli altri — ammettiamolo, c’è sempre un certo fascino nell’andare contro corrente — eppure con quanta facilità cadiamo nei vittimismi.

Nessuno, quando è tentato, dica:  «Sono tentato da Dio»;
perché Dio non può essere tentato al male ed egli non tenta nessuno (Gc 1,13)

Il richiamo della lettera di Giacomo perfora la maschera religiosa con cui siamo soliti nascondere il nostro viso deluso e risentito nei confronti di Dio, ogni volta che ci lasciamo attrarre «dal lievito dei farisei e dal lievito di Erode» (Mc 8,15), fermenti di menzogna che seducono il nostro cuore — immaturo — con l’inganno dell’avere e del potere. E dimentichiamo, invece, che «ogni buon regalo e ogni dono perfetto vengono dall’alto e discendono dal Padre, creatore della luce» (1,17). Risuonano come tuoni nella coscienza le domande (senza risposta) rivolte ai discepoli. 

«Non capite ancora e non comprendete? Avete il cuore indurito?
Avete occhi e non vedete, avete orecchi e non udite?» (Mc 8,17-18) 

Per «quante ceste» (8,19) di vita il Signore ci abbia donato, la nostra fede in lui è ancora molto debole. Sebbene i suoi regali siano tanti e quotidiani, non siamo ancora convinti che «il suo conforto ci ha allietato» (salmo responsoriale) e che la vita è un dono da accogliere. Abbiamo un corpo, una mente e uno spirito, una casa, il cibo, i vestiti, un lavoro, degli affetti, un cielo e una terra: clamorosi segni nei quali riconoscere il volto amorevole di un Padre. Eppure abbiamo paura, perché pretendiamo di capire ciò che, fortunatamente, è sufficiente credere. Che la nostra vita non sta (solo) nelle mani della nostra volontà.

Presso di lui non c’è variazione né ombra di cambiamento. Per sua volontà egli ci ha generati 
per mezzo della parola di verità, per essere una primizia delle sue creature (Gc 1,17-18)

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