GETTARSI AI PIEDI

Giovedì – V settimana del Tempo Ordinario
Il vangelo di oggi ci presenta subito un volto di Gesù insolito. A dispetto di tutti quei momenti nei quali lo spettacolo della miseria umana apriva le porte della sua disponibilità e i tesori nascosti nel suo cuore, in questa circostanza il Maestro appare desideroso di preservarsi un po’ dal contato con le folle e la loro povertà. Anzi, Si mostra addirittura sordo — per non dire insensibile — alle suppliche di una donna che, superati gli sbarramenti protettivi, si getta ai suoi piedi e lo prega per la sua figlioletta tormentata da uno spirito impuro. 

Ella lo supplicava di scacciare il demonio da sua figlia. Ed egli le rispondeva:
«Lascia prima che si sazino i figli, perché non è bene prendere il pane dei figli 
e gettarlo ai cagnolini» (Mc 7,26-27)

La donna avrebbe potuto alzare i tacchi e andarsene, amareggiata e delusa. Sarebbe stato un suo diritto, una scelta nemmeno così criticabile. Invece rimane e conferma con le sue parole una qualità del cuore che — presumibilmente — il Signore Gesù aveva già intuito.

Ma lei gli replicò: 
«Signore, anche i cagnolini sotto la tavola mangiano le briciole dei figli» (7,28)

Le maniere scorbutiche e ruvide del Maestro hanno fatto emergere una splendida realtà, nascosta nel cuore di questa donna pagana. Estranea alle promesse e alla tradizione di Israele, eppure così capace di sentirsi — ostinatamente — figlia da non smettere, nemmeno di fronte al segno dell’indifferenza apparente, di scodinzolare sotto la mensa di Dio con la fiducia di non poter rimanere per sempre delusa. La sua tenace preghiera scopre e rivela quanto è potente questa parola che, proprio a partire dalla nostra povertà, possiamo rivolgere al Signore. 

Allora le disse: «Per questa tua parola va’: il demonio è uscito da tua figlia» (7,29)

La storia della cananea vuole infoderci speranza. E soprattutto ammonirci, ricordandoci che Dio molto spesso ascolta senza rispondere. Il suo amore per noi è così adulto, libero, fedele, da non aver bisogno di correre dietro ogni nostro gemito, di assecondare ogni nostro bisogno. Dobbiamo imparare a leggere la sua apparente insensibilità alle nostre richieste come il miglior aiuto per tornare umili, accettando di riconoscere che viviamo spesso estranei al Padre che ci ha donato la vita, che in mille modi, ogni giorno decadiamo dalla nostra natura di figli di Dio. Essere vivi e amati per sempre non è un diritto acquisito. Ma un dono, il più vero, il più bello. Da non dare mai per scontato. 

Quando Salomone fu vecchio, le sue donne gli fecero deviare il cuore per seguire altri dèi
e il suo cuore non restò integro con il Signore, suo Dio,
come il cuore di Davide, suo padre (1Re 11,4)

Commenti