GETTARE GLI OCCHI

Giovedì – III settimana del Tempo Ordinario
Le parole del vangelo di oggi sono meno semplici di quanto appaiono. Certo, l’immagine di una lampada che non può avere altro destino se non quello di illuminare è confortante, la sua simbologia estremamente semplice da riferire alla vita. Il Signore Gesù — o meglio la sua parola in noi — sarebbe dunque come una luce che, nonostante le difficoltà e gli ostacoli che incontra nei nostri terreni inospitali e ribelli, non cerca altro destino se non quello di brillare e essere riconosciuta. 

«Viene forse la lampada per essere messa sotto il moggio o sotto il letto?
O non invece per essere messa sul candelabro?» (Mc 4,21)

Allora perché vengono prospettate situazioni tanto assurde, come quella di una lampada che finisce sotto un vaso, con la certezza di spegnersi? O addirittura sotto un letto, con il rischio persino di generare un incendio domestico? Chi di noi arriverebbe a compiere azioni tanto sconsiderate? Se il Maestro ce ne parla, la risposta, purtroppo, è abbastanza semplice: perché proprio noi ci ritroviamo continuamente a compiere sciocchezze se non uguali, molto simili.

Fate attenzione a quello che ascoltate.
Con la misura con la quale misurate sarà misurato a voi; anzi, vi sarà dato di più.
Perché a chi ha, sarà dato; ma a chi non ha, sarà tolto anche quello che ha» (4,24-25)

L’esortazione è intrigante. Letteralmente risuona così: «Guardate ciò che ascoltate». I due sensi — quello della vista e quello dell’udito — sono chiamati a cooperare per una migliore e più autentica esperienza di obbedienza al Dio che ci parla. Gesù sembra dire che non è sufficiente ascoltare, ma è necessario gettare gli occhi dentro il nostro orecchio, per vedere e valutare quale parola sta scivolando nel nostro cuore per poi dirigere i passi della nostra vita. Altrimenti rischiamo di essere solo spettatori delle cose che Dio va compiendo, pronunciando su di noi la sua parola. E non gioiosi cantori della sua grazia, che si dilata nella misura in cui è riconosciuta e liberamente accolta. Come fa Davide, commosso e stupito nello scoprire che non sarà lui a costruire una casa per il Signore. Ma esattamente il viceversa.

«Chi sono io, Signore Dio, e che cos’è la mia casa, 
perché tu mi abbia condotto fin qui?» (2Sam 7,19)

Commenti