SUBITO

Festa di sant’Andrea apostolo
Ormai prossimi al tempo di Avvento, come un’occasione di vigilanza e di gioiosa attesa per la venuta del Signore, il calendario liturgico ci regala la festa dell’apostolo Andrea. Pescatore di Betsaida, Andrea viene descritto come un uomo che, accogliendo il passaggio di Gesù nella sua vita, si lascia completamente ridefinire dalla sua parola. Subito, egli si scopre capace di lasciare le cose di sempre per mettersi in cammino dietro a un Maestro la cui voce risuona irresistibile.

«Venite dietro a me, vi farà pescatori di uomini».
Ed essi subito lasciarono le reti e lo seguirono (Mt 5,19-20).

Questa disponibilità estrema ci lascia attoniti e quasi perplessi. Sembra eccessiva, gonfiata, inimitabile. In effetti, se proviamo a guardare come il vangelo di Giovanni racconta le stesse cose, ci accorgiamo che probabilmente la realtà non è stata così semplice. Nel quarto vangelo, infatti, Andrea è presentato come un discepolo di Giovanni il Battista. Sembra addirittura tutta sua — e non di Gesù — l’iniziativa di lasciare ogni cosa per il Regno, dopo aver sentito il Battista indicare il falegname di Nazaret come «l’agnello di Dio» (Gv 1,36).

Uno dei due che avevano udito le parole di Giovanni e lo avevano seguito, era Andrea, 
fratello di Simon Pietro. Egli incontrò per primo suo fratello Simone e gli disse: 
«Abbiamo trovato il Messia» — che si traduce Cristo — e lo condusse da Gesù (Gv 1,40-42).

Probabilmente la verità che fa da filo rosso alle due diverse narrazioni è che Andrea era un uomo sinceramente in attesa della venuta del Signore e, per questo, estremamente pronto a muovere i passi in direzione della sua voce. Non solo, Andrea era un uomo che sapeva ascoltare e subito mettere in pratica le intuizioni del cuore. Per questo in lui si è compiuto quanto l’apostolo scrive a proposito della parola del vangelo e della sua corsa. 

Come crederanno in colui del quale non hanno sentito parlare?
Come ne sentiranno parlare senza qualcuno che lo annunci? (Rm 10,14).


Il messaggio che possiamo raccogliere dalle Scritture e dalla festa di oggi è un invito a comprendere che l’attesa — quel tempo verso il quale la chiesa ancora una volta si dispone — non è né un tempo vuoto né una passività. Attendere significa essere continuamente raccolti e percettivi, ascoltare fino a obbedire a quello che il Signore attraverso la realtà non cessa mai di dirci. Attendere significa fare così tanta attenzione all’altro da poter sentire come un imperativo il suono della sua voce. Significa mettere subito in pratica ciò che il cuore ha udito e intuito, senza rinvii, perché domani sarebbe semplicemente troppo tardi. 

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