IN UN FAZZOLETTO

Mercoledì – XXXIII settimana del Tempo Ordinario
Io vi dico: «A chi ha, sarà dato; 
invece a chi non ha, sarà tolto anche quello che ha» (Lc 19,26)

Tra le frasi enigmatiche, profonde e misteriose dette da Gesù, questa è veramente una delle più ardue da maneggiare e comprendere. Non a caso gli evangelisti hanno cercato, in diverso modo, di illustrarla accostandola ad altri insegnamenti del Maestro, meno criptici. Nel vangelo di oggi, la troviamo a margine di una lunga parabola che il Signore sceglie di raccontare quando si accorge che la gente attorno a lui pensava «che il regno di Dio dovesse manifestarsi da un momento all’altro» (19,11). La storia è ben nota e punta a lasciare sul palcoscenico narrativo l’ultimo personaggio, il pavido servo che non trova il coraggio di investire il denaro ricevuto, nemmeno nella forma poco rischiosa del prestito con gli interessi. 

«Signore, ecco la tua moneta d’oro, che ho tenuto nascosta in un fazzoletto;
avevo paura di te, che sei un uomo severo:
prendi quello che non hai messo in deposito e mieti quello che non hai seminato» (19,20-21)

Sì, è vero il Signore è buono, misericordioso, lento all’ira e paziente. È un Padre che accarezza, educa con rispetto e prodigalità, come ci assicurano indimenticabili pagine del vangelo. Ma, proprio per tutti questi motivi, è anche austero, esigente e severo. Avendoci creato e conoscendo il sangue blu che scorre nelle nostre vene, egli vede bene non solo ciò che siamo, ma anche ciò che siamo chiamati a diventare a partire dalla sua parola di verità. Per questo cerca continuamente in noi più di quanto ci ha donato, i frutti e non solo i semi. È il suo modo di lanciarci continuamente in orizzonti di vita eterna, come non esita a fare la madre di sette figli quando la loro vita è ricattata e minacciata. 

Esortava ciascuno di loro nella lingua dei padri, piena di nobili sentimenti
e, temprando la tenerezza femminile con un coraggio virile, diceva loro: 
«Non so come siete apparsi nel mio seno; non io vi ho dato il respiro e la vita, 
né io ho dato forma alle membra di ciascuno di voi» (2Mac 7,21-22)


Entriamo in un ritmo annoiato e triste, se ci dimentichiamo che essere liberi e amati significa esporsi coraggiosamente ai momenti in cui la vita ci chiede di dare e non solo di ricevere. Rischiamo di giustificare pigrizia e ingiustizia, illudendoci che la bontà di Dio sia una sorta di condono che tutto tollera e giustifica. Allo stesso modo cadiamo fatalmente nel tragico finale del vangelo se cominciamo a pensare che Dio sia l’ennesima persona con troppe aspettative nei nostri confronti, e infiliamo la nostra libertà in un fazzoletto. L’unica via d’uscita è smettere di giudicare, sia Dio sia noi stessi, e iniziare a usare il tempo e i doni che abbiamo per diventare figli fedeli, creativi, operosi «nel poco» affidato a noi ogni giorno. 

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