AUDACIA

Venerdì – XXXI settimana del Tempo Ordinario
Talvolta è necessario un colpo d’ali, uno scatto d’audacia nei rapporti che viviamo. Anche se certe cose le sappiamo e — magari — anche gli altri le sanno (o le hanno qualche volta ascoltate), conviene dirsi e ridirsi le parole che possono destare la coscienza più profonda rispetto a quello che sta toccando, felicemente o dolorosamente, la nostra vita. 

«Fratelli miei, sono anch’io convinto, per quel che vi riguarda, 
che voi pure siete pieni di bontà, colmi di ogni conoscenza e capaci di correggervi l’un l’altro. 
Tuttavia, su alcuni punti, vi ho scritto con un po’ di audacia, 
come per ricordarvi quello che già sapete» (Rm 15,14-15) 

Perché sapere è tanto ma non è tutto. Il ricordo delle cose che già conosciamo può creare in noi una vera e propria volontà di compiere quel bene che sappiamo ma non riusciamo a scegliere. Per questo motivo essere un po’ sfacciati e coraggiosi nei dialoghi può diventare un vero e proprio «ministero» (15,16) fondato sulla consapevolezza che la vita dell’altro è affidata anche a noi per quanto riguarda le «cose che riguardano Dio» (15,17). Anche perché, sembra dirci il vangelo, quando siamo colti in fallo per la nostra incapacità di amministrare i doni ricevuti, non ci si salva con la forza, ma con la scaltrezza.

«Zappare, non ne ho la forza; mendicare, mi vergogno. 
So io che cosa farò perché, quando sarò stato allontanato dall’amministrazione, 
ci sia qualcuno che mi accolga in casa sua» (Lc 16,3-4)

Colto in castagna, il disonesto amministratore chiama a raccolta tutti i debitori del suo padrone e concede loro inattesi sconti, attirandosi così stima e simpatia. Non improvvisa scatti di volontà o azioni di cui si riconosce — serenamente — incapace, ma fa leva proprio sui suoi difetti per far diventare amici quelle persone con le quali, precedentemente, aveva costruito rapporto di dominio e di sfruttamento. 

«Il padrone lodò quell’amministratore disonesto, perché aveva agito con scaltrezza» (16,8)

Anche per noi arriva il momento in cui ci chiediamo come fare a superare i limiti e le inadempienze di cui siamo responsabili. Il vangelo ci ricorda che l’unica cosa da fare è smettere di commiserarci, ma far diventare le nostre lentezze e le nostre pigrizie il trampolino di lancio per osare qualche passo audace in direzione degli altri, uscendo dai nostri malati istinti di autonomia. E magari ci fosse in giro qualche fratello o sorella così coraggioso da ricordarcelo e — perché no — a indicarcelo. 

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