ATTENTI

Lunedì – XXXII settimana del Tempo Ordinario
Le Scritture oggi ci vogliono ricondurre alle fonti della sapienza, aiutandoci a pensare al Signore «con bontà d’animo» (Sap 1,1). È sempre molto forte il rischio — soprattutto per i credenti — di confondere la voce di Dio con le paure e i desideri che bramano rassicurazioni, anziché identificarla con quegli appelli dolci e audaci che desiderano ammaestrare i passi della nostra vita. Il Signore Gesù nel vangelo, dopo aver messo in guardia i discepoli sul pericolo di scandalizzare i piccoli nella fede con il loro comportamento, raccomanda una particolare forma di vigilanza.

«State attenti a voi stessi! Se il tuo fratello commetterà una colpa, rimproveralo; 
ma se si pentirà, perdonagli. E se commetterà una colpa sette volte al giorno contro di te
e sette volte ritornerà a te dicendo: “Sono pentito”, tu gli perdonerai» (Lc 17,3-4)

Scandalizzare significa essere occasione d’inciampo per l’altro, impedirgli il cammino mediante un ostacolo che lo costringe a cadere per terra. Questo, di fatto, è ciò che noi facciamo ogni volta che smettiamo di perdonare e diciamo: «Adesso basta, non ne posso più!». Certo, il perdono non esime dal dovere di aiutare l’altro a prendere coscienza del male che sta facendo. Tuttavia, esprime la sua invincibile forza proprio nella disponibilità ad accogliere senza riserve, diventando quel segno di fiducia capace di irrobustire la debolezza del fratello. Comprensibilissima la reazione dei discepoli.

«Accresci in noi la fede!».
Il Signore rispose: «Se aveste fede quanto un granello di senape, potreste dire a questo gelso: 
“Sràdicati e vai a piantarti nel mare”, ed esso vi obbedirebbe» (17,5-6)


Ci vuole certamente fede per perdonare e, soprattutto, per continuare a farlo. Ma il problema della fede non è anzitutto una questione di quantità, ma di qualità. Le parole di Gesù sembrano dire che di fede, in realtà, non ne serve tanta, perché un granello è già sufficiente. Occorre semmai fede nella debolezza del vangelo, nella stoltezza dell’amore che (sempre) riapre i sentieri interrotti. O meglio, più che una piccola fede, il Signore ci chiede di avere una fede attenta al piccolo e all’ordinario. Non i clamorosi gesti — con cui spesso cerchiamo solo di tenere buono Dio e a bada la nostra coscienza — ma le piccole attenzioni quotidiane esprimono e costruiscono la fede in Dio. Quella attenta e serena vigilanza sul mondo che sta dentro e fuori di noi, unica forma di amore che ci impedisce di non rimandare mai a domani il dominio e il regalo di noi stessi. 

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