VIA LA CHIAVE

Giovedì – XXVIII settimana del Tempo Ordinario

A tutti è capitato — almeno una volta nella vita — di sottrarre per scherzo un oggetto appartenente a un amico. Magari una chiave per aprire la porta di casa, avviare la macchina o aprire la catena dello scooter. Quello che può essere fatto in spirito innocente e goliardico, diventa nel vangelo un atteggiamento duramente stigmatizzato dal Signore Gesù.

«Guai a voi, dottori della Legge, che avete portato via la chiave della conoscenza;
voi non siete entrati, e a quelli che volevano entrare voi l’avete impedito» (Lc 11,52)

I dottori della Torah, gli esperti di Dio e delle sue parole, vengono rimproverati per un comportamento doppiamente scorretto. Non solo per non essere veri conoscitori di Dio, cioè intimi e familiari con il suo mistero — che già sarebbe cosa grave — ma anche motivo di ostacolo per quanti, proprio attraverso di loro, vorrebbero intraprendere un vivo cammino di fede. Sebbene appaia incomprensibile questa duplice cattiveria, possiamo forse riconoscere il suo verificarsi anche nella nostra vita, magari a diverse latitudini. Spesso quando non riusciamo a fare qualcosa a cui teniamo, coltiviamo la speranza che anche gli altri non vi riescano: mal comune mezzo gaudio. Purtroppo, non è priva di conseguenze questa meschinità. Anzi.

«Guai a voi, che costruite i sepolcri dei profeti, e i vostri padri li hanno uccisi.
Così voi testimoniate e approvate le opere dei vostri padri: essi li uccisero e voi costruite» (11,47-48)

Quello che invece dovremmo mettere a morte e seppellire è la radicata convinzione che, nella vita, basta rimboccarsi le mani e cercare di diventare persone migliori. Questo moralismo, così diffuso nella nostra laica società, diventa in fretta il pretesto per covare giudizi velenosi verso gli altri e il diritto di passare da vittime a carnefici, quando il gioco si fa troppo duro. San Paolo ha una proposta liberante e luminosa: abbandonare la speranza che siano le nostre mani a garantirci felicità e iniziare a credere in quello che Dio ha scelto di fare per noi e per ogni uomo. Apertamente.

«Tutti hanno peccato e sono privi della gloria di Dio, 
ma sono giustificati gratuitamente per la sua grazia, per mezzo della redenzione che è in Cristo Gesù. 
È lui che Dio ha stabilito apertamente  come strumento di espiazione, per mezzo della fede, nel suo sangue, 
a manifestazione della sua giustizia per la remissione dei peccati passati  
mediante la clemenza di Dio» (Rm 3,22-26)

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