CAMBIAMENTI

Martedì – XXVII settimana del Tempo Ordinario

La trasformazione che il Signore consente di vivere al profeta Giona è tutta racchiusa nella sua missione. Dover annunciare controvoglia e senza alcuna partecipazione interiore la penitenza e la conversione è per il più “curioso” dei profeti l’occasione di fare i conti con il volto di un Dio che non si lascia condizionare dai nostri limiti, ma li visita e li colma di grazia. 

Giona cominciò a percorrere la città per un giorno di cammino e predicava: 
«Ancora quaranta giorni e Ninive sarà distrutta» (Gn 3,4)

A dispetto dell’indolenza con cui Giona compie la sua ambasciata, la reazione degli abitanti di Ninive — persino degli animali che vi abitavano — è immediata e intensa. Tutti si convertono, dal primo all’ultimo, trasformando in realtà il desiderio di Dio. Giona è costretto ad accettare il fatto che, quando si apre la porta al Signore, le cose si possono trasformare. 

I cittadini di Ninive credettero a Dio e bandirono un digiuno, vestirono il sacco, grandi e piccoli.
[...] Dio vide le loro opere, che cioè si erano convertiti dalla loro condotta malvagia, 
e Dio si ravvide riguardo al male che aveva minacciato di fare loro e non lo fece (3,10)

Non sembra ancora persuasa di tutto ciò Marta, sorella di Maria e di Lazzaro, famosa per la sua premurosa ospitalità che, però, diventa ben presto affanno e agitazione. Tutta presa dall’esigenza di esibire il volto migliore, anziché dalla libertà di poter essere e manifestare se stessa, Marta si ritrova a giudicare severamente la condotta di sua sorella, ritenuta irrimediabilmente sorda a quelle che per le sono assolute priorità di accoglienza. 

«Signore, non t’importa nulla che mia sorella mi abbia lasciata sola a servire? 
Dille dunque che mi aiuti» (Lc 10,40) 

Marta è così sfacciata da non prendersela con Maria, tutta intenta ad ascoltare la parola di Gesù, ma direttamente con il Signore che sembra approvare questa ingiusta distribuzione dei ruoli. Non solo: impartisce a lui l’ordine di fare qualcosa per cambiare la situazione. La reazione del Maestro non è meno sconcertante: nessun tentativo di tranquillizzare Marta, non una parola rivolta a Maria. Con due frasi, che non aspettano e non ricevono alcuna replica, il Signore trasforma una brutta figura in una bella notizia. 

«Marta, Marta, tu ti affanni e ti agiti per molte cose, ma di una cosa sola c’è bisogno. 
Maria ha scelto la parte migliore, che non le sarà tolta» (10,41-42) 

Marta non viene né rimproverata, né messa in ridicolo per il suo inutile affanno. Le viene annunciato un vangelo di cui, in qualche modo, non si è ancora accorta. Aprire la porta al Signore — cioè fare e brigare per lui — non è ancora la parte migliore. L’unica cosa di cui abbiamo bisogno è, invece, credere che la vita — nostra e degli altri — rimane sempre capace di dare il suo frutto migliore. Che i cambiamenti veri sono sempre possibili. Perché la salvezza dei nostri giorni non è una conquista, ma un dono. 

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