SENZA PAROLE

Giovedì – XXIV settimana del Tempo Ordinario

Non dice niente, eppure fa tutto quello che l’amore è, quando si può esprimere nella libertà di un cuore colmo e felice. A differenza del fariseo Simone, che con algida educazione accoglie il Signore Gesù come ospite nella sua casa senza alcuna passione, la donna peccatrice che si getta ai piedi del Maestro senza proferire parola mostra in cosa consista la fede in Dio: molto amore per colui che ci ha molto amati.

Ed ecco, una donna, [...] portò un vaso di profumo; 
stando dietro, presso i piedi di lui, piangendo, 
cominciò a bagnarli di lacrime, poi li asciugava con i suoi capelli, 
li baciava e li cospargeva di profumo (Lc 7,37-38)

Questa donna, senza nome né voce, che non conosce altro linguaggio se non quello del corpo, esprime con tutto ciò che ha — compreso il suo peccato — il bisogno di ringraziare e adorare, colui che ha destato in lei una dignità nascosta eppure mai perduta. Senza attendere inviti, né farsi itimorire da inutili galatei, compie l’unica cosa che nella vita ha imparato a fare: mostrare e offrire il suo corpo, consapevole di non aver in realtà nulla da perdere nel farlo. In tal modo non sciupa e non tiene per sé — come noi corriamo il rischio di fare — il dono gratuitamente ricevuto da Dio, in perfetta linea con l’insegnamento di Paolo a Timoteo. 

«Non trascurare il dono che è in te» (1Tm 4,14)

Attraverso questa pubblica effusione di amore e manifestazione di riconoscenza, la donna compie ciò che, in realtà, sempre possiamo compiere nella nostra radicale povertà. Le parole tante volte ci sfuggono o non ci arrivano neppure. Le lacrime, invece, sempre possiamo versarle finché camminiamo nella valle di questo mondo, dove si compie — per noi e per tutti — la lunga tribolazione e la grande trasformazione della nostra umanità. E questo piccolo gesto può essere di grande aiuto per chi, forse, ha dimenticato quale grande amore precede, accompagna, segue ogni nostro passo. 

«[...] così facendo, salverai te stesso, e quelli che ti ascoltano» (4,16)

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