IGNORANZA

Lunedì – XXI settimana del Tempo Ordinario

Il più antico scritto del Nuovo Testamento, composto dall’apostolo Paolo poco più di dieci anni dalla risurrezione di Gesù, ci aiuta a comprendere quanto serie e profonde possano essere le conseguenze del mistero pasquale per la nostra vita. In che misura il vangelo è in grado di offrire a ogni uomo e a ogni donna il conforto di una grande speranza.  

«E prima risorgeranno i morti in Cristo; quindi noi, che viviamo e che saremo ancora in vita,
verremo rapiti insieme con loro nelle nubi, per andare incontro al Signore in alto,
e così per sempre saremo con il Signore» (1Ts 4,16-17)

Eppure un annuncio così bello e gioioso trae spunto da una situazione di pericolo, che Paolo non teme di affrontare a viso aperto. Nella comunità dei credenti esiste la concreta possibilità di restare chiusi in una pericolosa ignoranza, anticamera del peggiore nemico dell’anima: la tristezza che conduce alla disperazione.

«Non vogliamo, fratelli, lasciarvi nell’ignoranza a proposito di quelli che sono morti,
perché non siate tristi come gli altri che non hanno speranza» (4,13)

Il rischio di credere invano è insito nella scelta stessa dell’incarnazione, con la quale Dio ha deciso di eleggere la tenda della nostra umanità a luogo di definitiva comunione con noi. La lettura annuale del vangelo di Luca pone questo scandalo proprio all’inizio della vita pubblica di Gesù, quando sono i suoi concittadini di Nazaret a mal sopportare la povertà della sua figura come immagine autorevole del Dio invisibile. La buona notizia che il tempo delle promesse si compie ora disturba a tal punto gli uditori del Verbo incarnato da farli sentire non solo in dovere di difendersi, ma anche di diventare aggressivi. 

All’udire queste cose, tutti nella sinagoga si riempirono di sdegno.
Si alzarono e lo cacciarono fuori della città e lo condussero fin sul ciglio del monte, 
sul quale era costruita la loro città, per gettarlo giù (Lc 4,28-29)

Queste cose udite dagli abitanti di Nazaret sono le stesse che la chiesa fa oggi risuonare nella sua liturgia: un appello rivolto ai poveri, un invito lanciato a ciechi, prigionieri e oppressi. La meravigliosa notizia che il tempo della schiavitù è finito, che la notte ormai volge al termine. Questa è la luce che chiede di risplendere nell’ignoranza delle nostre tenebre. Che le nostre mani non possono trattenere.

Ma egli, passando in mezzo a loro, si mise in cammino (4,30)

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