LEGGERE

Venerdì – XIX settimana del Tempo Ordinario

Quella che potremmo leggere come una lunga — eccessiva — autopresentazione del Signore Dio, nella pericope tratta dal libro di Giosuè, non esprime affatto l’intenzione di sciorinare i propri attributi, come noi sentiamo il bisogno di fare talvolta, per recuperare un po’ di credito e attenzione presso gli altri. È da leggersi piuttosto come un soccorso al nostro cuore, così facile a smarrire il ricordo dei benefici e dei prodigi che Dio ha disseminato lungo il sentiero della nostra vita. 

«Vi diedi una terra che non avevate lavorato, abitate in città che non avete costruito 
e mangiate frutti di vigne e oliveti che non avete piantate» (Gs 24,13)

Il Signore non sta celebrando le sue lodi, né presentando il conto a un popolo di beduini prossimo a diventare stanziale su una terra promessa. Sta provando a trasmettere nel cuore di persone amate la gioia di essersi compromesso nella loro storia con una premura e una fedeltà particolari. Una gioia desiderosa di essere riconosciuta e corrisposta. Perché l’amore ha bisogno di essere gratuito ma anche corrisposto per essere pieno.   

In quel tempo, si avvicinarono a Gesù alcuni farisei per metterlo alla prova e gli chiesero:
«È lecito a un uomo ripudiare la propria moglie per qualsiasi motivo?» (Mt 19,3)

Mettendo alla prova il cuore di Gesù, i farisei rivelano la loro durezza che si nasconde dietro al velo — solo apparentemente innocente — delle domande di fondo, sempre suscitate dalla curiosità colpevole e perniciosa e dall’illusione di potersi in qualche modo defilare. La ricerca di un’autorevole concessione di disimpegno si scontra però contro la limpidezza dello sguardo di Gesù, che sa leggere la realtà senza sconti perché non dimentica i doni e le chiamate di Dio, rivolte all’uomo fin dal principio. 

«Per la durezza del vostro cuore Mosè vi ha permesso di ripudiare le vostre mogli;
all’inizio però non fu così. Ma io vi dico: chiunque ripudia la propria moglie, 
se non in caso di unione illegittima, e ne sposa un’altra, commette adulterio (19,8-9)

Anche noi sapremo smettere di chiedere concessioni, rinvii e sconti al cielo solo nella misura in cui sapremo custodire la memoria di quanti doni siano già tra le nostre mani. E se sapremo leggere il tempo che ci sta davanti, come occasione di dilatare l’esercizio generoso e coraggioso della nostra libertà. Fino a comprendere che gli spazi vuoti, le distanze e le assenze che ancora sanno rattristarci non sono divine smentite, ma le chiamate che il Signore ha già rivolto alla nostra vita. La terra verso cui possono tendere i nostri passi. 

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