PIENI DI STUPORE

Martedì – XIII settimana del Tempo Ordinario

Il libro della Genesi racconta di un tragico momento della storia di salvezza, quando Dio non può più procrastinare il momento di giudicare le città di Sodoma e Gomorra per la loro condotta perversa e impenitente. 

Il sole spuntava sulla terra e Lot era arrivato a Soar, 
quand’ecco il Signore fece piovere dal cielo sopra Sodoma e sopra Gomorra 
zolfo e fuoco provenienti dal Signore (Gen 18,24)

Non è certo facile rimanere tranquilli quando dal cielo, tutto a un tratto, piovono «zolfo e fuoco». Quando la vita volta pagina senza preavviso e cose che non avevamo in alcun modo immaginato o preventivato accadono, travolgendo tutta l’apparente tranquillità in cui ci sembrava di vivere. Sono i momenti in cui avviene la purificazione e il giudizio dei nostri passi, indispensabili passaggi che il cielo ci offre per condurci nei prati dell’eternità. Eppure quanto è difficile non perdere la bussola in questi momenti, mentre il mare è in tempesta e il Signore sembra non venire immediatamente incontro al nostro cuore agitato. 

Salito Gesù sulla barca, i suoi discepoli lo seguirono. Ed ecco, avvenne nel mare un grande sconvolgimento, tanto che la barca era coperta dalle onde; ma egli dormiva (Mt 8,23-24)

Se da una parte questo sonno ci appare un po’ assurdo e inopportuno, dall’altra si offre subito come annuncio di un grande mistero. Se proprio in mezzo a un grande sconvolgimento, quando “la paura fa novanta”, il Signore trova il modo e il tempo di vivere un profondo sonno, allora forse le cose non sono così tragiche come a noi paiono. Forse — con lui — sono superabili. Anche nella prima lettura, mentre l’inevitabile giudizio travolge le città perverse,  Dio appare come colui che si preoccupa di compiere un clamoroso atto di amore.

Lot indugiava, ma quegli uomini presero per mano lui, sua moglie e le sue due figlie, 
per un grande atto di misericordia del Signore verso di lui; 
lo fecero uscire e lo condussero fuori della città (Gen 19,16)

Non solo Dio permette al nipote di Abramo di salvarsi, ma anche di trovare rifugio a misura delle sue possibilità, dichiarando apertamente che il suo agire come giudice del mondo è, in qualche modo, vincolato all’esigenza di usare misericordia. 

«Presto, fuggi là, perché io non posso far nulla finché tu non vi sia arrivato» (18,22) 


Anche i discepoli, in mezzo a un ingestibile maremoto, si accostano al Signore e lo invocano con tutta la forza e la disperazione che hanno dentro. Scoprono così come l’angoscia che ci assale nei momenti di prova sia profondamente legata alla nostra poca fede. Ma soprattutto quanto il nostro Dio voglia e possa stupirci ancora, nel santo viaggio da questa riva all’altra. 

Tutti, pieni di stupore, dicevano:
«Chi è mai costui, che perfino i venti e il mare gli obbediscono?» (Mt 8,27)

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