SEMPLICITÀ

Giovedì – XI settimana del Tempo Ordinario

Conquistato dalla grazia di Cristo, Paolo ha parlato con franchezza alle prime comunità dove lo Spirito lo ha guidato a compiere l’opera di evangelizzazione. La debolezza e la follia della croce sono state l’anima tanto della sua vita, quanto della sua predicazione. Al punto da non temere in alcun modo di poter essere, o sentirsi, inferiore ad altri «super apostoli» — mai assenti nella storia — che presumono di poter edificare la chiesa sull’arte del parlare o sul fascino di dottrine suadenti. 

«Temo però che, come il serpente con la sua malizia sedusse Eva, così i vostri pensieri 
vengano in qualche modo traviati dalla loro semplicità nei riguardi di Cristo» (2Cor 11,3)

Decadiamo dallo statuto della semplicità evangelica ogni volta che torniamo a dire e poi a non fare, a promettere e poi a non mantenere, a sedurre senza realmente voler bene. In altre parole, quando dalla nostra bocca escono parole vane, suoni non accompagnati da alcuna forza, che non producono nulla. Il vangelo prescrive una cura: cominciare, anzitutto, a risparmiare sillabe, riducendo quello spreco di suoni che spesso crea confusione nei rapporti e introduce illusioni nell’animo. A cominciare dal nostro rapporto con Dio.

«Pregando, non sprecate parole come i pagani: 
essi credono di venire ascoltati a forza di parole.
Non siate dunque come loro, perché il Padre vostro sa 
di quali cose avete bisogno prima ancora che gliele chiediate» (Mt 6,7-8)

Purificare la preghiera dagli eccessi verbali è scuola di pazienza e di umiltà. Ci educa a credere che molta della felicità che andiamo cercando, in realtà, ci sta già aspettando da qualche parte. Se ne avvertiamo la mancanza è solo perché le nostre vie sono ancora abbastanza lontane da quelle su cui Dio desidera farci camminare. Pregare il Padre con poche parole significa imparare a rimanere docilmente davanti alla sua volontà, nell’attesa che diventi presto anche la nostra. Nella fiducia che i nostri desideri verranno ascoltati non a forza di parole, ma con parole forti di speranza. Quelle sobrie, sincere, cordiali, che un figlio rivolge con naturalezza al suo babbo.

Commenti