CAPACI DI NUOVO

Mercoledì – X settimana del Tempo Ordinario

Possono incutere un certo timore, suscitare persino un po’ di ansia, le parole con cui il Maestro Gesù approfondisce la nuova legge delle Beatitudini, appena promulgata sul monte per i suoi discepoli.

«Non crediate che io sia venuto ad abolire la Legge o i Profeti;
non sono venuto ad abolire, ma a dare pieno compimento» (Mt 5,17)

Non di rado è proprio questa la sensazione che proviamo quando cerchiamo di andare a fondo nella vita di fede: ci sentiamo braccati e stretti dalla morsa di una chiamata esigente. Troppo pignola e rigida rispetto al carattere ancora flaccido della nostra volontà e, soprattutto, alla complessità delle situazioni quotidiane da affrontare. 

«In verità io vi dico: finché non siano passati il cielo e la terra,
non passerà un solo iota o un solo trattino della Legge, senza che tutto sia avvenuto» (5,18)

In realtà, ciò che preme al Signore — e pressa i confini della nostra libertà — è soltanto l’urgenza di insegnarci ad affrontare la vita come un dono che merita sempre di essere portato a termine e mai abdicato. Perché mentre il nostro sguardo è ancora capace di fissarsi sulle pieghe apparentemente banali o insignificanti del quotidiano e sul numero mai piccolo delle debolezze in cui ricadiamo, lo Spirito del Risorto ci ha già qualificato come testimoni credibili del mistero pasquale. 

«Fratelli, proprio questa è la fiducia che abbiamo per mezzo di Cristo, davanti a Dio.
Non che da noi stessi siamo capaci di pensare qualcosa come proveniente da noi, 
ma la nostra capacità viene da Dio, il quale ci ha resi capaci di essere ministri di una nuova alleanza, 
non della lettera, ma dello Spirito; perché la lettera uccide, lo Spirito invece dà vita» (2Cor 3,4-6)

La ragione per cui il Signore ci può chiedere di non trascurare nemmeno un segmento di vita, ma di orientare ogni cosa al suo compimento, è che siamo abitati da una forza non proveniente — e non dipendente — da noi: lo Spirito dell’amore. La riflessione di san Paolo si spinge oltre, affermando che non solo siamo pieni di fiducia perché resi di nuovo capaci dalla misericordia ricevuta in dono, ma soprattutto capaci di nuovo in virtù della creatività dello Spirito. Osservare e non abolire la Legge e i Profeti significa diventare appassionati fruitori e operatori di grazia, persone talmente abituate a essere invase dall’amore di Dio che passa in ogni pertugio, da saper — e voler — dirottare bontà e pazienza in ogni occasione, facile o disperata, opportuna o inopportuna. Se, infatti, Mosè ha certamente ricevuto il compito immenso di consegnare le tavole della Legge a Israele, noi ne abbiamo uno ancora più grande, quando ogni giorno camminiamo verso i fratelli e verso il cielo dopo essere stati immersi nel mistero di Cristo, rigenerati dalla sua parola di verità.

«Se il ministero della morte, inciso in lettere su pietre, fu avvolto di gloria
al punto che i figli d’Israele non potevano fissare il volto di Mosè 
a causa dello splendore effimero del suo volto,
quanto più sarà glorioso il ministero dello Spirito?» (3,7-8)

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