BENE PER NOI

Martedì della VI settimana - Tempo di Pasqua

I discepoli non sembravano affatto contenti, tuttavia il Maestro non ha cambiato idea. Anzi, ha persino tessuto l’elogio di quel prossimo, amaro addio. 

«È bene per voi che io me ne vada, perché se non me ne vado, non verrà a voi il Paràclito; 
se invece me ne vado, lo manderò a voi» (Gv 16,7) 

Gesù quella sera, prima di immergersi nella sua passione, ha fatto un passo indietro. Dicendo ai discepoli che, nonostante la tristezza riempisse il cuore, questo per loro era il miglior bene. Non ha mai smesso di fare così Dio con la nostra pavida umanità. Ci sono delle distanze tra la nostra debolezza e la sua forza che ci rendono tristi, eppure sono foriere di vita e gioia. Talvolta, quando il cielo stabilisce che è venuto il momento per noi di crescere nell’esperienza dello Spirito, ci sembra di subire una perdita, di sanguinare. Poi, scopriamo che il vuoto innanzi a noi è, in realtà, uno spazio percorribile. Anzi, è lo spazio di dignità della nostra vita chiamata a donarsi pienamente. Quella sera il Signore ha dichiarato ai suoi amici che anche loro erano pronti ad avere nel petto il suo stesso Spirito, la sua forza per scegliere, decidere, amare. Che era giunto il momento di diventare cristiani — altri cristi — chiamati a percorrere le medesime strade di libertà solcate dal Maestro. Non dovettero aspettare troppo tempo i discepoli, prima che queste cose cominciassero ad accadere. Ce ne parlano gli Atti degli apostoli, raccontando di quando una prigionia divenne libertà attraverso la potenza della lode al Dio vivo e risorto. 

Verso mezzanotte Paolo e Sila, in preghiera, cantavano inni a Dio,
mentre i prigionieri stavano ad ascoltarli. D’improvviso venne un terremoto così forte che
furono scosse le fondamenta della prigione; 
subito si aprirono tutte le porte e caddero le catene di tutti (At 16,25-26)

Questo improvviso mutamento non è per gli apostoli l’occasione di fuggire subito dalla scomoda situazione in cui si trovano. Il carcere ormai privo di catene e lucchetti non incute più timore, a chi porta nel cuore un canto di salvezza. Questa forza misteriosa e straordinaria è l’azione dello Spirito di Dio, che si attiva nella preghiera. Dalla preghiera sempre nasce un terremoto che non è l’abolizione delle situazioni che ci opprimono, ma la creazione di una profonda libertà dentro di esse. Quando il male perde le sue fondamenta noi scopriamo di poter trarre profitto anche dalle paralisi e dai vicoli ciechi, che si mutano in occasioni di salvezza per noi e per gli altri, momenti pieni di gioia per il semplice fatto di aver creduto in Dio (14,34).

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