TEMPO AL TEMPO

Venerdì – II settimana del Tempo di Pasqua

Lo stimato dottore della Legge Gamalièle, pur non avendo aderito all’insegnamento e alla proposta di Gesù Cristo, sembra capace di rapportarsi con lui  — e con ciò che egli ha suscitato, la comunità dei credenti — con maggior delicatezza di quanto non sappiano fare le folle, tutte esaltate dopo il segno dei cinque pani e due pesci sufficienti a nutrire cinquemila persone. 

Allora la gente, visto il segno che egli aveva compiuto, diceva:
«Questi è davvero il profeta, colui che viene nel mondo!» (Gv 6,14)

La gente — specialmente quando è folla — cede facilmente alla tentazione di idolatrare il potere e il prestigio, ritenendoli strumenti necessari all’affermazione e alla stabilità di qualsivoglia regno. Gesù invece si sottrae decisamente a questa lettura della sua storia e della sua missione. E fugge velocemente, per restare in intima comunione con il Dio che vuole regnare solo attraverso la compassione e la condivisione. 

Ma Gesù, sapendo che venivano a prenderlo per farlo re, 
si ritirò di nuovo sul monte, lui da solo (6,15)

In questi giorni di Pasqua, anche noi siamo fortemente sollecitati dalle Scritture a compiere coraggiose verifiche sulla direzione in cui stiamo investendo energie, inseguendo speranze e sogni. L’analisi che lo stimato Gamalièle compie non ha nulla di straordinario. Tuttavia occorre un certo coraggio per applicarla anche a noi stessi. E a farlo con sincerità. Attendere lo Spirito promesso significa essere disposti a posare le armi delle inutili guerre che sempre ci ritroviamo a combattere. Per lasciare, invece, tempo al tempo, affinché le cose che potrebbero venire da Dio abbiano modo di manifestarsi, e il nostro cuore possa imparare a formulare il suo coraggioso assenso. 

«Se infatti questo piano o quest’opera fosse di origine umana, verrebbe distrutta;
ma, se viene da Dio, non riuscirete a distruggerli.
Non vi accada di trovarvi addirittura a combattere contro Dio» (At 5,38-39)

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