SENZA ESITARE

Lunedì – IV settimana del Tempo di Pasqua

I discepoli faticarono non poco, dopo la Pasqua, per rimanere fedeli alle proprie tradizioni ma pure alla grande trasformazione della storia operata da Cristo. Il libro degli Atti racconta come non fu facile, eppure inevitabile, per gli apostoli comprendere e accettare l’universalità del vangelo. Dopo essersi seduto a mensa con alcuni pagani che avevano accolto l’annuncio pasquale, Pietro sembra quasi doversi giustificare davanti a cristiani di origine giudaica, per aver mangiato cibi considerati impuri dalle norme giudaiche con tanta libertà di spirito.  

 «Nuovamente la voce dal cielo riprese: “Ciò che Dio ha purificato, tu non chiamarlo profano”.
Lo Spirito mi disse di andare con loro senza esitare» (At 11,9.12)

Certo il Signore Gesù, attraverso l’immagine del pastore e delle pecore, aveva anticipato a lui e agli altri, come il cammino del discepolo non sia un viaggio (già) organizzato, ma un percorso di ascolto e obbedienza. In Israele era usanza che i pastori di notte chiudessero i loro greggi in un unico recinto. Di notte le pecore e le capre si mescolavano tra loro ma al mattino gli animali erano pronti a uscire non appena sentivano la voce del loro legittimo pastore. 

«In verità, in verità io vi dico: chi non entra nel recinto delle pecore dalla porta, 
ma vi sale da un’altra parte, è un ladro e un brigante. 
Chi invece entra dalla porta, è pastore delle pecore» (Gv 10,1-2)

Nei giorni che preparano la Pentecoste, la Chiesa riconosce in queste parole un preciso invito a non avere paura circa i modi e i tempi con cui avrà compimento la speranza della Pasqua. Per quanto lunga possa essere la notte, per quanto persi e privi di guida possiamo sentirci, non dobbiamo aver dubbi sul fatto che al mattino saremo chiamati e orientati dalla voce del pastore. Semmai dobbiamo essere pronti a obbedire per uscire da quei recinti recinti in cui ci piacerebbe anche rimanere, perché ci offrono una certa protezione, evitandoci il rischio e  il peso della libertà.

«In verità, in verità io vi dico: io sono la porta delle pecore. 
Io sono la porta: se uno entra attraverso di me, sarà salvato; 
entrerà e uscirà e troverà pascolo (10,7.9)

Il Signore è vicino a noi come un pastore, ma distante come una porta; ci guida, ma lo fa in un certo senso, a distanza. Dopo aver dato la sua vita per noi, il Signore non intende, né pretende farci da padrone, ma vuole più amabilmente essere il «custode» delle nostre «anime» (1Pt 2,25). Non ci ha lasciato ordini perentori e fardelli insopportabili, ma «un esempio», affinché noi possiamo seguire le sue «orme» (2,21). Il modo con cui il pastore Gesù ci guida è ben diverso da quello a cui ci hanno abituato i moderni navigatori satellitari, che emettono precisi e continui segnali per orientare il nostro percorso. Il Signore morto e risorto sta davanti alla nostra libertà come una porta che da lontano chiede di essere prima riconosciuta, poi aperta e infine attraversata. Senza esitare.

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