NON CEDERE

Giovedì – II settimana del Tempo di Pasqua

Oltre a un’istintiva e istantanea sensazione di antipatia, la parola obbedienza suscita nell’uomo moderno non poche difficoltà rispetto all’idea di libertà a cui la nostra società sembra tanto affezionata. Tranne rarissimi casi, una scelta appare oggi autentica quando è figlia di libera iniziativa e non di fedeltà a un imperativo esterno o, tanto meno, al passato. La forza della risurrezione di Cristo, narrata dalle scritture, intende salvarci da questa idiosincrasia.   

Il Padre ama il Figlio e gli ha dato in mano ogni cosa.
Chi crede nel Figlio ha la vita eterna; 
chi non obbedisce al Figlio non vedrà la vita, ma l’ira di Dio rimane su di lui (Gv 3,35-36)

Gesù, il Figlio, non ha alcuna paura di interpretare la sua vita come obbedienza a Dio, il Padre, perché questo atteggiamento è naturale — addirittura ovvio — dentro una logica di amore e di reciproca fiducia. Chi di noi, infatti, si sente frustrato o innaturale nel rimanere totalmente vincolato a qualcosa o qualcuno che ama? Le parole del vangelo non vanno dunque intese come un’intimidazione all’obbedienza, ma come una forte provocazione a non cedere mai alla paura di obbedire alla nostra dignità battesimale, per ricadere inevitabilmente in altre, pericolose forme di dipendenza. Questa sembra essere stata l’esperienza vissuta dai primi testimoni del Risorto. 

Bisogna obbedire a Dio invece che agli uomini.  Il Dio dei nostri padri ha risuscitato Gesù, 
che voi avete ucciso appendendolo a una croce. Dio lo ha innalzato alla sua destra come capo e salvatore, 
per dare a Israele conversione e perdono dei peccati. E di questi fatti siamo testimoni 
noi e lo Spirito Santo, che Dio ha dato a quelli che gli obbediscono (At 5,29-32)

Gli apostoli non sono riusciti immediatamente a vivere questo atteggiamento coraggioso e libero davanti al vangelo della Croce. Ma quando, dopo la Pentecoste, lo Spirito di Dio è entrato nei loro cuori, per risanare ogni ferita e ogni peccato, sono diventati creature nuove, forti e libere. Sperimentando quanto coraggio possa sgorgare da un cuore che si sente amato da un Dio sottomesso alla nostra umanità e obbediente alla nostra libertà fino alla morte. E alla morte di croce. Come non obbedire — anzi, non cedere — a un simile Signore? 

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