VOLTARE LE SPALLE

Giovedì – III settimana del Tempo di Quaresima

Talvolta le cose vanno chiamate con il loro nome esatto. Senza paura che l’altro si offenda o se ne vada. Mossi invece dalla speranza che dall’amore possano nascere parole precise e nette, indispensabili per giungere a coscienza di atteggiamenti sbagliati e distruttivi. Dio, lungo i secoli, ha scelto e inviat profeti per questo compito ingrato e nobile. Geremia è costretto a mettere il popolo davanti alla sua inveterata incapacità di ascolto, fino a tirarne le amare somme.

Ma essi non ascoltarono né prestarono orecchio alla mia parola;
anzi procedettero ostinatamente secondo il loro cuore malvagio e, invece di rivolgersi verso di me,
mi hanno voltato le spalle (Ger 7,24)

Il vangelo ci racconta il medesimo atteggiamento di fronte al miracolo compiuto da Gesù nei confronti di un uomo tenuto muto da un demonio. Non appena la sua bocca si riapre alla parola e alla relazione, ecco alcuni riuscire a voltare le spalle e il cuore all’opera luminosa compiuta dalla misericordia del Signore.  

Ma alcuni dissero: «È per mezzo di Beelzebùl, capo dei demòni, che egli scaccia i demòni».
Altri poi, per metterlo alla prova, gli domandavano un segno dal cielo (Lc 11,15-16)

Giunti quasi a metà del cammino quaresimale, siamo posti dalle Scritture a un incontro ravvicinato con il nostro fondamentale problema: non saper ascoltare. Sembra impossibile che proprio noi, nativi dell’era della comunicazione, abituati quotidianamente a emettere e ricevere segnali tramite il computer, il cellulare, i social network, possiamo essere definiti cattivi ascoltatori. Eppure è proprio così. E non è solo la Parola di Dio a rivolgerci questa ammonizione, sono anche le scienze umane e sociali, che denunciano un livello molto basso di comunicazione autentica proprio in questo nostro meraviglioso e terribile tempo. La soluzione proposta dal vangelo è semplice, quasi disarmante. Non si possono e non si devono mai voltare le spalle alla realtà, perché Dio tesse la trama del Regno proprio nei suoi ordinari confini. Sia quando essa ci contesta e ci azzera, sia quando ci mostra i segni di un’inaudita e inattesa salvezza. Convertirsi — in fondo — non è altro che (imparare a) essere-con la realtà. 

Chi non è con me è contro di me,
e chi non raccoglie con me, disperde (11,23)

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