SALIRE

Mercoledì – II settimana del Tempo di Quaresima

«Si rende forse male per bene?» (Ger 18,20)

L’interrogativo accorato del profeta Geremia nel momento della persecuzione, quando i capi di Israele tramano insidie contro di lui a causa della sua scomoda profezia, diventa voce di ciascuno di noi, intercettando la nostra paura più profonda. Cos’altro teme infatti il nostro cuore se non la mancata corrispondenza del bene che abbiamo vissuto e donato? Il Signore Gesù affronta questi sentimenti con il coraggio di chi ha deciso nel suo cuore di rimanere fedele all’amore e, di conseguenza, anche a se stesso.

«Ecco, noi saliamo a Gerusalemme e il Figlio dell’uomo sarà consegnato 
ai capi dei sacerdoti e agli scribi; lo condanneranno a morte e lo consegneranno 
ai pagani perché venga deriso e flagellato e crocifisso, e il terzo giorno risorgerà» (Mt 20,18-19)

Il mistero del rifiuto e della persecuzione non sta scritto solo nei testi sacri, ma nelle cronache di vita quotidiana. Lo sperimentiamo nelle vicende familiari, negli ambienti di lavoro, nelle relazioni che ci tocca portare avanti spesso tra incomprensioni e sofferenze. E, quando  il cuore si congela e paralizza, scivoliamo nell’inganno di credere che per sfuggire a questo tragico epilogo sia sufficiente cercare di salire e conquistare un posto dove poter vivere tranquilli, al riparo da traumi e infortuni. Lo stesso pensiero avuto dalla madre dei figli di Zebedèo.

«Di’ che questo miei figli siedano uno alla tua destra e uno alla tua sinistra nel tuo regno» (20,21)

C’è in noi un atavico istinto di sopravvivenza che ci impedisce di diventare adulti nella fede, realizzando la nostra umanità nell’amore a Dio e nel servizio ai fratelli. Il Maestro lo biasima senza condannarci, lo porta alla luce per operare la nostra conversione. 

«Tra voi non sarà così; ma chi vuole diventare grande tra voi, sarà vostro servitore
e chi vuole essere il primo tra voi, sarà vostro schiavo» (20,26-27).

La nostra salita in alto non è egocentrica e solitaria, al modo di Sisifo, eternamente destinata alla fatica e al fallimento. È piena di cordiali attenzioni a chi ci sta accanto e procede con la tenacia e la naturalezza dell’amore sincero.

«Come il Figlio dell’uomo, che non è venuto per farsi servire, ma per servire
e dare la propria vita in riscatto per molti» (20,28)

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