UN CANTO NUOVO

Lunedì - XXXIV settimana del Tempo Ordinario

Il libro dell’Apocalisse ci regala oggi un’immagine di grande consolazione. Mentre i nostri giorni si susseguono spesso come una monotona e — perché no — noiosa ripetizione di gesti, parole e dinamiche sempre uguali, nel santuario del cielo le cose sembrano andare assai diversamente, connotate da grandi sorprese.  

La voce che udii era come quella di suonatori di cetra che si accompagnano nel canto con le loro cetre.
Essi cantavano com un canto nuovo davanti ai quattro esseri viventi e agli anziani.
E nessuno poteva comprendere quel canto se non i centoquarantaquattromila,
i redenti della terra. Essi sono coloro che seguono l’Agnello dovunque vada (Ap 14,2-3).

Il veggente di Patmos così descrive la vita di coloro a cui la Pasqua di Gesù ha rinnovato la vita e il nome: «come un canto nuovo». Non le solite cose a cui siamo abituati, non i consueti labirinti da cui non sappiamo uscire, non le medesime procedure segnate da indifferenza o egoismo che lasciano i nostri giorni così vuoti e sempre uguali a se stessi. Un canto nuovo, una vita mai sentita prima, al punto che soltanto chi vi partecipa riesce a coglierla e a gustarne la melodia. Il breve vangelo di oggi ci aiuta a comprendere come tutto questo non sia soltanto poesia, ma concreta realtà.

(Gesù) vide anche una vevova povera, che vi gettava due monetine,
e disse: «In verità vi dico: questa vedova, così povera, ha gettato più di tutti.
Tutti costoro, infatti, hanno gettato come oferta parte del loro superfluo.
Ella invece, nella sua miseria, ha gettato tutto quello che aveva per vivere (Lc 21,1-4).

Dopo avero osservato la solita solfa, Gesù si stupisce di fronte al gesto di una vedova, riconoscendo in esso il canto nuovo che parla lo stesso linguaggio del vangelo. Così come il Signore Gesù sta per fare nella sua passione, la vedova sceglie di non tenere nulla per sé: offre entrambe le monete a Dio in segno di libera e completa restituizione e di affidamento della propria vita. Non è infatti la nostra miseria a separarci da una maggior comunione con Dio e con il prossimo. Anzi, proprio la nostra povertà, di cui possiamo fare limpida e completa consegna (anziché conservarne qualche briciola in tasca) ci sottrae dal rischio di far diventare superfluo il dono parziale di noi stessi. La vita è tutta donata e ricevuta da Dio: per questo possiamo restituirla interamente. Senza eroismi né trionfalismi. Cantando finalmente — e umilmente — anche noi un canto nuovo.  

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