DEDICATI

Mercoledì - XXXI settimana del Tempo Ordinario

Ogni giorno ci dedichiamo a tante cose. Innumerevoli sono i fronti nei quali siamo chiamati a frazionare pensieri e sparpagliare energie. Molte di queste cose sono in effetti necessarie, richieste dalla vita stessa e dalla cultura in cui siamo inseriti. Altre — ammettiamolo — sono la risposta a bisogni fasulli che il nostro cuore si è convinto di avere, ad aspettative che altri — non certo Dio — hanno su di noi. San Paolo ha una proposta dirompente, originale, tutta da ascoltare, per rimettere a fuoco per cosa vale la pena vivere e morire. La sua voce invita i discepoli di Cristo a dedicarsi a una cosa che rischia di restare facilmente fuori dalle nostre pianificazioni. 

«Miei cari [...] dedicatevi alla vostra salvezza con rispetto e timore» (Fil 2,12).

In realtà, il verbo «salvare» lo coniughiamo in diverse occasioni tutti i giorni, soprattutto nelle procedure con cui «registriamo» immagini, canzoni, testi sui nostri dispositivi digitali. L’esortazione dell’apostolo ci fa volare più in alto. C’è qualcosa a cui conviene dedicarsi che non coincide con il salvataggio — sempre temporaneo — di qualche istantanea gioia scoperta nel viaggio della vita. Dobbiamo ricordarci di chiamare salvezza quell’attenzione estrema a una vita secondo il vangelo che — solo — può dare pace e pienezza al nostro cuore a caccia di infinite risposte.  

«Se uno viene a me e non mi ama più di quanto ami suo padre, la madre, la moglie, i figli, 
i fratelli, le sorelle e perfino la propria vita, non può essere mio discepolo» (Lc 14,26).

Gesù riformula in altro modo la stessa, audace proposta. Si tratta di superare la logica e il recinto delle relazioni naturali in cui la nostra vita matura, per entrare in una trama di rapporti nuovi con gli altri e con la realtà. Il Signore, evidentemente, non ci chiede di smettere di amare, ma di imparare ad amare meglio. I legami familiari e amicali non vanno sterminati affinché Dio possa avere libero il palcoscenico della nostra disponibilità. Vanno più realisticamente relativizzati, riconoscendo che molto spesso siamo più affezionati al nostro modo di amare — possedere — che alle persone a cui diciamo di voler bene. È dura da ammettere, ma l’amore è una battaglia dove possiamo crescere e maturare solo nella misura in cui siamo disposti a perdere le nostre misure e le nostre certezze. Dedicarsi a questo santo combattimento è assicurare salvezza ai nostri giorni. 

«Quale re, partendo in guerra contro un altro re, non siede prima a esaminare se può affrontare con diecimila uomini chi gli viene incontro con ventimila?» (14,31).

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