SOTTOMESSI

Martedì - XXX settimana del Tempo Ordinario

L'esortazione di san Paolo prende avvio con un aggettivo odioso, che evoca fantasmi del passato finalmente e finemente superati dalla nostra cultura.  

«Fratelli, nel timore di Cristo, siate sottomessi gli uni agli altri» (Ef 5,21)

L’invito a concepire l’avventura della vita come libera sottomissione e — ancor più — a farlo per «paura» di Cristo rischia di essere totalmente frainteso dalle nostre sensibilità così inclini a concepire la libertà come assenza di vincoli e come ricerca continua di rassicurazioni e gratificazioni. Eppure l’apostolo sembra proprio convinto e contento di quanto prescrive tanto alla donna (questo a suo tempo non era una novità), quanto all’uomo (questo sì che era una bella novità). 

«E come la Chiesa è sottomessa a Cristo, così anche le mogli lo siano ai loro mariti in tutto.
E voi, mariti, amate le vostre mogli, 
come anche Cristo ha amato la Chiesa e ha dato se stesso per lei» (5,24-25).

Considerare l’altro superiore a se stesso non è rinnegare il buon senso o compiere un esercizio di stile gradito a Dio. È il sincero — e libero — tentativo di imitare quel modo di essere e di vivere che Gesù Cristo ha rivelato essere la stoffa con cui è intessuta l’eternità. Il «timore di Cristo» non è dunque minaccia o ricatto, ma semplicemente la paura di rinunciare a quell’amore più grande che egli ha vissuto e insegnato. Lo stesso pensiero ricorre nel vangelo, dove il regno di Dio è paragonato proprio a cose che non possono che essere «sottomesse» ad altro, diventando in tal modo meraviglioso servizio e fecondità.     

«[Il regno di Dio] è simile a un granello di senape che un uomo prese e gettò nel suo giardino 
[...] è simile al lievito, che una donna prese e mescolò in tre misure di farina (Lc 13,19.21).


In queste immagini risultano nuovamente decisivi un uomo e una donna — il maschile e il femminile — e il loro coraggio di prendere ciò che hanno tra le mani per gettarlo in altro, affinché qualcosa di nuovo possa (av)venire. Naturalmente «questo mistero è grande» (Ef 5,32). Nondimeno è chiaro e luminoso agli occhi di chi lo vuole guardare e ascoltare: «stare sotto» è meglio e non è facoltativo per chi vuole amare davvero. E poi — diciamolo pure — il cielo, da sotto, si vede meglio. Più ampio, più avvolgente. Più nostro destino. 


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