LE COSE DA FARE

Mercoledì - XXVIII settimana del Tempo Ordinario

Sono sempre tante, le cose da fare. E non è sempre evidente — anzi — capire quali sono, e quali invece sarebbe meglio non fare, in quanto dannose per noi, per gli altri, per i rapporti che viviamo. Il Signore Gesù, con quel suo inconfondibile piglio profetico, sbalza i farisei dal trespolo delle loro sicurezze religiose, denunciando la loro equivoca condotta.

«Guai a voi, farisei, che pagate la decima sulla menta, sulla ruta e su tutte le erbe,
e lasciate da parte la giustizia e l’amore di Dio.
Queste invece erano le cose da fare, senza trascurare quelle» (Lc 11,42).

A partire dal lodevole intento di crescere nella fede, non ci accorgiamo di come anche noi talvolta, anziché rendere più spirituale la nostra avventura umana, arriviamo a coltivare pensieri e gesti che in realtà ci disumanizzano, perché ci fanno perdere di vista quanto sta saldo al centro del cuore e delle preoccupazioni di Dio. Così, a parte un certo rivestimento religioso che cerchiamo di assicurarci davanti agli occhi degli altri — e di Dio — rimaniamo prigionieri in una ragnatela di fallimenti e meschinità:

fornicazione, impurità, dissolutezza, idolatria, stregonerie, inimicizie, discordia,
gelosia, dissensi, divisioni, fazioni, invidie, ubriachezze, orge e cose del genere (Gal 5,19-20). 

Se anche ci sentissimo in parte non intercettati da questo vetusto — eppure modernissimo — compendio di egoismi, difficilmente possiamo sottrarci al confronto con la reprimenda che Gesù rivolge ai dottori della Legge, rinfacciando loro di essere esperti nel chiedere agli altri ciò che hanno ormai smesso di chiedere a se stessi. 

«Guai anche a voi, dottori della Legge, che caricate gli uomini di pesi insopportabili,
e quei pesi voi non li toccate nemmeno con un dito!» (Lc 11,46)


La parola di Dio oggi ci mette in guardia dal rischio di una fede vissuta ancora — troppo — come un’infantile risposta ad aspettative esteriori, più che come libera e sincera adesione a un appello interiore, che consiste nel lasciarsi «guidare dallo Spirito». Ma ci annuncia anche che i pesi quotidiani smettono di essere insopportabili, quando cominciamo seriamente a condividerli, offrendo serenamente la nostra schiena al giogo della realtà.  Allora, quando ricominciamo a vedere le cose dal basso verso l’alto, comprendiamo che non sono poi così tante le cose da fare: solo quelle belle e grandi che gli occhi vedono e il cuore desidera compiere. E le facciamo presto, sereni e umili, ben consapevoli di quanta vita può sgorgare dal nostro corpo, se solo accordiamo allo Spirito di Dio il tempo di produrre i suoi frutti: 

amore, gioia, pace, magnanimità, benevolenza, bontà,
fedeltà, mitezza, dominio di sé (Gal 5,22).

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