GETTARE FUOCO

Giovedì - XXIX settimana del Tempo Ordinario

Il vangelo di oggi è come un roveto ardente, di fronte al quale conviene subito togliere i sandali del timore e della manipolazione. 

«Sono venuto a gettare fuoco sulla terra, e quanto vorrei che fosse già acceso!
Ho un battesimo nel quale sarò battezzato, 
e come sono angosciato finché non sia compiuto!» (Lc 12,49-50).

Le parole con cui Gesù rivela la determinazione del suo cuore non possono essere né addomesticate, né troppo facilmente intese. Infatti, l’immagine del fuoco intercetta immediatamente ciò che in noi è sempre maggiormente irrisolto: la paura di soffrire e la sete di vendetta per il male ricevuto. Né l’una né l’altra cosa sono il motivo per cui il fuoco del vangelo vuole divampare sulla terra. Il battesimo di cui parla il Signore è quello nella verità, dove ogni legame ingenuo è chiamato a diventare autentico.

«Pensate che io sia venuto a portare pace sulla terra? No, io vi dico, ma divisione» (12,51).

Questo inno alla divisione, che si specifica subito in una libertà da praticare anzitutto nei legami familiari, ci aiuta a capire che l’amore — quando è vero — non si propaga meccanicamente, come fa l’incendio in un bosco.  Ciascuno di noi è chiamato a scegliere di entrare nel dinamismo della carità solo attraverso un atto di libertà. Con queste parole Gesù demolisce il mito di un amore facile e scontato, per proporre il cammino verso un amore libero. Libero persino da se stesso e da ogni aspettativa. Un amore che non ha paura di accettare il conflitto e la divisione come momenti indispensabili per restare in modo paritario davanti al volto dell’altro. Un amore che, soprattutto, ha ormai superato l’imbarazzo e la vergogna di compiere quel gesto che più di ogni altro profuma di vera carità: piegare le ginocchia e offrire al cielo l’incenso della propria preghiera, affinché la vita dell’altro sia piena. 

«Fratelli, io piego le ginocchia davanti al Padre, dal quale ha origine 
ogni discendenza in cielo e sulla terra, perché vi conceda, secondo la ricchezza della sua gloria, 
di essere potentemente rafforzati nell’uomo interiore mediante il suo Spirito» (Ef 3,14-16).

Forse l’intreccio delle letture ci consegna una profezia: solo ginocchia che sanno piegarsi possono essere anche mani che gettano il fuoco dell’amore. Quello che arde senza consumare, né consumarsi. 

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