ASPETTARSI

Lunedì - XXIV settimana del Tempo Ordinario
Nella figura del centurione che domanda e ottiene la guarigione del suo servo in fin di vita, il Signore Gesù ammira una fede grande, di quelle che raramente si incontrano, persino in ambienti devoti e religiosi. 

«Io vi dico che neanche in Israele ho trovato una fede così grande!» (Lc 7,9).

La narrazione evangelica lascia intendere come questa robusta capacità di affidamento non sia né l’ostentazione di una virtù, né l’improvvisazione di una disponibilità del cuore. Quest’uomo pagano, pur essendo estraneo alla sensibilità religiosa di Israele, si manifesta attento alla custodia delle sue tradizioni. Lo attesta la voce di alcuni anziani Giudei, che sostengono la sua causa davanti a Gesù.

«Egli merita che tu gli conceda quello che chiede – dicevano –, 
perché ama il nostro popolo ed è stato lui a costruirci la sinagoga» (7,4-5).

In realtà ciò che fa breccia nel cuore di Gesù non è tanto la questione del merito — categoria che il suo vangelo intende azzerare — quanto quella dell’attenzione all’altro, che il centurione sembra aver maturato nei confronti di tutti, anche (e soprattutto) delle persone più deboli e indifese che vivono accanto a lui. Ne è definitivo presagio e conferma l’invio di quegli «amici» che vanno a informare Gesù di quanta serena umiltà c’è nel cuore di questo ufficiale romano.

«Signore, non disturbarti! Io non sono degno che tu entri sotto il mio tetto; 
per questo io stesso non mi sono ritenuto degno di venire da te; 
ma di’ una parola e il mio servo sarà guarito» (7,6-7).

Proprio questo tratto di umanità è quello che manca ai cristiani di Corinto, apostrofati da Paolo nel loro modo di sedersi a tavola, nel quale ciascuno rimane focalizzato sul proprio pasto, senza curarsi del bisogno e delle possibilità dell’altro. Contro questa arsura del cuore, esiste solo un rimedio: imparare ad aspettare l’altro, scrutando il suo passo, rinunciando ad affermare il proprio. Con intelligente pazienza.  

«Perciò, fratelli miei, quando vi radunate per la cena, 
aspettatevi gli uni gli altri» (1Cor 11,33).

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