NASCOSTI

Mercoledì - XVII settimana del Tempo Ordinario


L’atmosfera evocata dalle due parabole del vangelo odierno è tutta pervasa di gioia. Il Signore Gesù assicura ai discepoli che il regno dei cieli è una realtà per la quale si è disposti a fare pazzie pur di assicurarsene il godimento. Non un gravoso impegno, non una esigente richiesta; nemmeno una innaturale pretesa. Importante come un tesoro, seducente come una perla, che anzitutto gonfia il cuore di gioia e la volontà di slancio. 

«Il regno dei cieli è simile a un tesoro nascosto nel campo;
un uomo lo trova e lo nasconde;
poi va, pieno di gioia, vende tutti i suoi averi e compra quel campo» (Mt 13,44).
Questa prima parabola pone l’accento sul fatto che il tesoro del regno non è immediatamente percettibile. Si trova nascosto ed è necessario nasconderlo, per non correre il rischio di perderlo. Il nascondimento — quando non è frutto di paura o di malizia — è l’indispensabile custodia che meritano le cose importanti. Sia perché il nascondimento offre protezione a ciò che potrebbe essere altrimenti deturpato. Sia perché chi decide di acquistare un tesoro ha bisogno di un tempo prolungato per coinvolgersi interamente con l’oggetto del suo desiderio  profondo. L’esperienza di Geremia insegna che serve proprio un tempo di macerazione e di prova per mettersi a servizio delle intenzioni del cuore. Dopo essere stato pervaso da un autentico innamoramento per il Signore e la sua parola —  

«Quando le tue parole mi vennero incontro, le divorai con avidità;
la tua parola fu la gioia e la letizia del mio cuore» (Ger 15,16).
— il profeta è costretto a riconoscere tutta l’infelicità e l’amarezza derivanti dal tentativo di vendere tutto per assicurarsi il tesoro della chiamata di Dio. Fino ad esclamare:

«Me infelice, madre mia! 
Mi hai partorito uomo di litigio e di contesa per tutto il paese!
Non ho ricevuto prestiti, 
non ne ho fatti a nessuno, eppure tutti mi maledicono» (14,10).
La risposta del Signore non tarda ad arrivare. Annuncia che la scelta per il suo regno non avviene in un istante. Ma poi trasforma la nostra voce e le nostre labbra in organo divino.

«Se saprai distinguere ciò che è prezioso da ciò che è vile,
sarai come la mia bocca» (14,19).

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