ADERENTI

Lunedì - XVII settimana del Tempo Ordinario


Non come i pantaloni che oggi vanno tanto di moda, così stretti da esaltare forme ricevute e forza di volontà esercitata. Aderenti invece come una cintura, che fascia i nostri fianchi permettendoci un’andatura sicura e disinvolta, collocandosi nei pressi del grembo, là dove il nostro corpo conserva la memoria di essere frutto e matrice di generazione. Questa è l’immagine con cui prende avvio la liturgia di oggi. Il Signore ordina al profeta Geremia di comprare una cintura di lino, di indossarla per un po’ di tempo, poi di nasconderla per un altro tempo nella fessura di una pietra. Quando il profeta va a riprenderla (dopo molto altro tempo) viene svelato il significato del gesto simbolico:

«Dice il Signore: In questo modo ridurrò in marciume l’orgoglio di Giuda 
e il grande orgoglio di Gerusalemme.
Questo popolo malvagio, che rifiuta di ascoltare le mie parole, 
che si comporta secondo la caparbietà del suo cuore 
e segue altri dèi per servirli e per adorarli, 
diventerà come questa cintura, che non è più buona a nulla» (Ger 13,9-10).
Contrariamente a quanto ci piace ricordare del vangelo, la minaccia di poter diventare ‘buoni a nulla’ è frequente negli insegnamenti del Signore Gesù (cf. Mt 5,13). Si tratta di un tono che non vuole impartire una definitiva condanna, ma condurre a una limpida presa di coscienza del peccato che, sempre, rende il nostro cuore caparbio, sordo e schiavo. Una minaccia che, proprio nelle sue ultime battute, lascia scorgere il rammarico per una relazione d’amore interrotta.

«Poiché, come questa cintura aderisce ai fianchi di un uomo,
così io volli che aderisse a me tutta la casa d’Israele e tutta la casa di Giuda
– oracolo del Signore -, perché fossero mio popolo, mia fama, mia lode e mia gloria, 
ma non mi ascoltarono» (13,11).
Il desiderio di Dio è che noi restiamo uniti a lui come in un abbraccio, nel quale solitudine e tristezza vanno presto in esilio. Ci vuole come cintura della sua vita, per aderire a lui come fossimo una sola carne (cf. Gen 2,24). E così, insieme, diventare grandi.

«Il regno dei cieli è simile a un granello di senape,
che un uomo prese e seminò nel suo campo.
Esso è il più piccolo di tutti i semi ma, una volta cresciuto, 
è più grande delle altre piante dell’orto e diventa un albero,
tanto che gli uccelli del cielo vengono a fare il nido fra i suoi rami» (Mt 13,32).

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