Mercoledì - X settimana del Tempo Ordinario


COMPIMENTO


Possono incutere un certo timore, suscitare persino un po’ di ansia, le parole con cui il Maestro Gesù approfondisce la nuova legge delle Beatitudini, appena promulgata sul monte per i suoi discepoli.

«Non crediate che io sia venuto ad abolire la Legge o i Profeti;
non sono venuto ad abolire, ma a dare pieno compimento» (Mt 5,17).
Non di rado è proprio questa la sensazione che proviamo — dentro e fuori — quando cerchiamo di andare a fondo nella vita di fede: ci sentiamo braccati e stretti dalla morsa di una chiamata esigente. Troppo pignola e rigida rispetto al carattere ancora flaccido della nostra volontà e, soprattutto, alla complessità delle situazioni quotidiane da affrontare. 

«In verità io vi dico: finché non siano passati il cielo e la terra,
non passerà un solo iota o un solo trattino della Legge, 
senza che tutto sia avvenuto» (5,18).
In realtà, ciò che preme al Signore, e pressa i confini della nostra libertà, è ‘solo’ l’urgenza di insegnarci ad affrontare la vita come un dono che merita sempre di essere portato a termine e mai abdicato. Nemmeno quando la sua evidenza si esprime in pieghe che possono apparire  esili e insignificanti. Proprio in questi momenti, nei quali siamo facili prede dell’indolenza e dell’infedeltà, rischiamo di irrigidirci su inutili sacrifici, che Dio non ci chiede, e frutto non portano. Lo sterile epilogo dei profeti di Baal, che perdono la sfida con Elia sul monte Carmelo, rischia di essere il comico —   per non dire tragico — destino di molte nostre azioni.

Gridarono a gran voce e si fecero incisioni, secondo il loro costume, 
con spade e lance, fino a bagnarsi tutti di sangue. 
Passato il mezzogiorno, quelli ancora agirono da profeti 
fino al momento dell’offerta del sacrificio, 
ma non vi fu né voce né risposta né un segno d’attenzione. (1Re 18,28-29).
Tutto diverso il sacrificio che il Signore chiede per condurci dentro la gioia delle Beatitudini e per dare compimento alla nostra vita: assumere fino in fondo la fatica e la solitudine della nostra libertà, per metterla a servizio dei fratelli, per trasformare i passi in scelte d’amore. 

Cadde il fuoco del Signore e consumò l’olocausto, la legna, le pietre e la cenere,
prosciugando l’acqua del canaletto.
A tal vista tutto il popolo cadde con la faccia a terra e disse:
«Il Signore è Dio! Il Signore è Dio!» (18,38-39).

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