Martedì - IX settimana del Tempo Ordinario


FESTINA LENTE


L’antico motto latino festina lente, «affrettati lentamente», raccoglie ed esprime bene il senso della pacificata urgenza che l’apostolo Pietro vuole infondere nelle prime comunità cristiane, esortando tutti a una vita piena e ardente.

«Carissimi, quale deve essere la vostra vita nella santità della condotta e nelle preghiere,
mentre aspettate e affrettate la venuta del giorno di Dio,
nel quale i cieli in fiamme si dissolveranno 
e gli elementi incendiati fonderanno!» (2Pt 3,11-12)
Questa vigilanza necessaria non coincide immediatamente con un particolare impegno ascetico, ma nella fatica quotidiana di dimorare «nella grazia e nella conoscenza del Signore nostro Gesù Cristo» (3,18) e in un esercizio attento della nostra libertà, chiamata sempre e anzitutto ad appartenere a Dio, prima che agli uomini. L’episodio del vangelo ci ricorda che in questa attesa siamo tentati di affrettare le cose nel modo sbagliato, ogni volta che difendiamo i nostri idoli, anziché cercare la verità delle cose. I farisei e gli erodiani — da sempre nemici — pur di non rinunciare all’idolo del potere (rispettivamente religioso e politico) si alleano per cogliere in fallo Gesù:

«Maestro, sappiamo che sei veritiero e non hai soggezione di alcuni,
perché non guardi in faccia a nessuno, ma insegni la via di Dio secondo verità.
È lecito o no pagare il tributo a Cesare? Lo dobbiamo dare, o no?» (Mc 12,14).
L’elogio rivolto al Maestro, tradisce la meschinità delle loro abitudini, che certamente assomigliano alle nostre. Il pericolo costante è quello di guardare le cose del mondo troppo in faccia, fino a diventarne servi ciechi e scontenti, abdicando per giunta alla nostra coscienza e alla nostra dignità. Così facendo, arriviamo facilmente a svenderci e a vincolare la nostra libertà al potente di turno, che ci chiede di versare a lui il nostro tributo. Liberante la risposta di Gesù:

«Quello che è di Cesare rendetelo a Cesare,
e quello che è di Dio, a Dio» (12,17).
Non si tratta di estraniarsi dalla realtà e dai suoi giochi, ma di essere più familiari con Dio e con i suoi doni. Fino a capire e, lentamente, accettare il fatto che egli da noi voglia ‘solo’ la vita. E, impazienti, attendere la sua venuta e il suo ritorno.

«Noi infatti, secondo la sua promessa, aspettiamo nuovi cieli e una terra nuova, 
nei quali abita la giustizia» (2Pt 3,13).

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