Martedì - VIII settimana del Tempo Ordinario


GIÀ ORA


La replica di Pietro alla radicale critica nei confronti della ricchezza fatta dal Signore Gesù nel vangelo di ieri sembra una domanda in cerca di conferma, più che una tronfia esclamazione:

«Ecco, noi abbiamo lasciato tutto e ti abbiamo seguito» (Mc 10,28).
O forse nasconde persino una sottile rivendicazione, quel velenoso spirito di rivalsa che sempre emerge nel nostro cuore quando ci capita di procedere da troppo tempo a denti stretti, appoggiati solo sul piccolo equipaggiamento delle nostre forze. Il Maestro lo percepisce e lo sfida a viso aperto, rispondendo con solennità e Pietro e a ogni discepolo.

«In verità io vi dico: non c’è nessuno che abbia lasciato casa o fratelli
o sorelle o madre o padre o figli o campi per causa mia e per causa del Vangelo,
che non riceva già ora, in questo tempo, cento volte tanto
in case e fratelli e sorelle e madri e figli e campi,
insieme a persecuzioni, e la vita eterna nel tempo che verrà» (10,29-30).
Essere cristiani non significa compiere un’eroica rinuncia a tutte le cose del mondo, come talvolta amiamo pensare di noi stessi (un po’ meno degli altri). Significa invece entrare in un mondo di relazioni allargate, poiché tutte originate dall’amore del Padre, davanti a cui possiamo imparare a vivere come figli e fratelli. Il vangelo non ci propone di lasciare nulla, se non in vista di un molto di più da ricevere in dono. Se c’è una cosa a cui possiamo e dobbiamo rinunciare senza mezze misure è soltanto il nostro io, unico serio inciampo per entrare nella logica di una vita destinata a non finire mai. Non ci resta allora che ricominciare a vivere riponendo speranza in quel vangelo che «già ora, in questo tempo» restituisce alla nostra vita quel sapore pieno e inconfondibile che la rende libera e gioiosa, bella da vivere. 

Perciò, cingendo i fianchi della vostra mente e restando sobri,
ponete tutta la vostra speranza in quella grazia che vi sarà data
quando Gesù Cristo si manifesterà (1Pt  1,13).

Commenti