Lunedì — VII settimana del Tempo Ordinario


SPIRITO MUTO



Il vangelo di oggi muove i passi da un clamoroso fallimento vissuto dai discepoli, mentre Gesù sul monte si stava trasfigurando davanti a tre di loro. Un uomo porta il figlio posseduto da uno spirito muto dai discepoli del Maestro, i quali scoprono di non essere capaci di scacciarlo.


«Maestro, ho portato da te mio figlio, che ha uno spirito muto. Dovunque lo afferri, lo getta a terra ed egli schiuma, digrigna i denti e si irrigidisce. Ho detto ai tuoi discepoli di scacciarlo, ma non ci sono riusciti» (Mc 9,17-18)


Al termine del racconto i discepoli — e noi con loro — scoprono che esiste una presenza del male, e delle sue conseguenze, che può essere sanata e rimossa unicamente a partire da una profonda comunione con il Signore e con il suo Spirito. 


«Questa specie di demòni non si può scacciare in alcun modo, se non con la preghiera» (9,29)


Di fatto, però, non sembra essere la preghiera ciò che il Signore Gesù compie per guarire il giovane dal suo mutismo che lo condanna a rigidità e autolesionismo. Dopo aver fatto un’anamnesi del malato, Gesù continua a dialogare con il padre, portandolo dal periodo ipotetico, al tempo dell’imperativo.


Gesù interrogò il padre: «Da quanto tempo gli accade questo?». Ed egli rispose: «Dall’infanzia; anzi, spesso lo ha buttato anche nel fuoco e nell’acqua per ucciderlo. Ma se tu puoi qualcosa, abbi pietà di noi e aiutaci». Gesù rispose: «Se tu puoi! Tutto è possibile per chi crede». Il padre del fanciullo rispose subito ad alta voce: «Credo; aiuta la mia incredulità!» (9,21-24)


Ecco, è il padre del figlio a fare quella preghiera che i discepoli non hanno ancora imparato a fare, quella che smuove le montagne e libera la potenza di Dio. L’arte di stare davanti al Dio invisibile che tutto può non è il frutto di tecniche o sforzi di volontà. Fiorisce con naturalezza in un cuore che sta imparando sapienza; risana quello spirito muto che è in ciascuno di noi. 

Fratelli miei, chi tra voi è saggio e intelligente? Con la buona condotta mostri che le sue opere sono ispirate a mitezza e sapienza. (Gc 3,13)

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