Mercoledì - II settimana di Avvento

Is 40,25-31 / Sal 102 / Mt 11,28-30

ALLO SCOPERTO


Quasi rispondendo all’invocazione che l’Avvento ha posto sulle nostre labbra — «Maranathà, vieni Signore» — la liturgia odierna ci regala una singolare prospettiva con cui interpretare questi giorni di preparazione al Natale: «Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro» (Mt 11,28). 

L’invito a porsi in cammino, cercando e trovando ristoro nella relazione con lui, è una vera e propria sfida che il Signore Gesù lancia al nostro cuore. Un invito a riconoscere che di una maggior leggerezza forse abbiamo bisogno, se vogliamo davvero vegliare con gli occhi aperti e attenti alla realtà: «Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per la vostra vita» (11,29). Spesso il peso più grande da riconoscere e rimuovere è quello che impedisce al nostro sguardo di posarsi con speranza sulla storia, che introduce così troppo facilmente nei labirinti della rassegnazione e della autocommiserazione: «La mia vita è nascosta al Signore e il mio diritto è trascurato dal mio Dio» (Is 40,27). 

Attendere la venuta del Signore non significa rimanere immobili o, peggio ancora, passivi, ma uscire allo scoperto lungo le vie della giustizia, fissando ogni speranza nel Signore e deponendo «tutto ciò che è di peso e il peccato che ci assedia» (Eb 12,1). Fuggendo soprattutto dal sospetto che, a causa dei ritardi e dei posticipi, dei mutamenti e degli imprevisti, la nostra vita possa essere, in qualche modo e in qualche misura, nascosta agli occhi di Dio, sottratta alla cura della sua sollecitudine per noi. Lui che non ha avuto più grande desiderio che quello di nascere in questo mondo, per essere con noi e come noi.

Commenti