Mercoledì - XVII settimana del Tempo Ordinario

Letture: Es 34,29-35 / Sal 98 / Mt 13,44-46


RAGGIANTI



Avevamo lasciato ieri Mosè ritirato sul monte «con il Signore quaranta giorni e quaranta notti, senza mangiar pane e senza bere acqua», tempo utile per scrivere «sulle tavole le parole dell’alleanza, le dieci parole» (Es 34,28). Quelle tavole, che prima di essere distrutte durante l’episodio del vitello d’oro erano «scritte dal dito di Dio» (31,18), ora vengono vergate dalle dita di Mosè, secondo l’ordine del Signore: «Scrivi queste parole, perché sulla base di queste parole io ho stabilito un’alleanza con te e con Israele» (34,27). Il Decalogo diventa così opera di Dio e dell’uomo, parola divina e umana, documento che attesta un incontro e un dialogo.


Mosè è ignaro di quanto la sua vita esca trasformata da questo tempo di ascolto del Dio vivente. Mentre scendeva dal monte Sinai, «non sapeva che la pelle del suo viso era diventata raggiante, poiché aveva conversato con il Signore» (34,29). Se ne accorgono gli altri, «Aronne e tutti gli Israeliti» i quali, «vedendo che la pelle del suo viso era raggiante, ebbero timore di avvicinarsi a lui» (34,30). Mosè allora intuisce di aver trovato un «tesoro» che riflette ormai il suo splendore sul suo corpo e «lo nasconde» (Mt 13,44), proprio come insegna il Maestro Gesù nel vangelo parlando di quell’uomo che decide di vendere «tutti i suoi averi» pur di assicurarsi ciò che ha improvvisamente colmato il suo desiderio. Mosè accetta di lasciarsi totalmente determinare dal rapporto costruito con il Dio liberatore fino al punto di ritrovare ogni relazione con gli altri trasformata, soprattutto quella con i suoi fratelli Israeliti: «Quando Mosè ebbe finito di parlare a loro, si pose un velo sul viso. Quando entrava davanti al Signore per parlare con lui. Mosè si toglieva il velo, fin quando non fosse uscito. Una volta uscito, riferiva agli Israeliti ciò che gli era stato ordinato» (Es 34,34).


Entrare, o avanzare, nella relazione con Dio costa sempre un azzardo, l’assunzione di un rischio, la messa in conto che le cose potrebbero poi essere molto diverse. Come quei tali di cui parla il vangelo, che sono disposti a vendere ogni cosa, unicamente sostenuti dalla speranza – non la certezza – di potersi assicurarsi il «tesoro nascosto» (Mt 13,44) e trovato, la «perla di grande valore» (13,46) lungamente cercata. Dietro questa temeraria scelta, tutta personale e tutta libera, ci deve essere un motore propulsore, un forte vento capace di spiegare e gonfiare le vele della volontà. Si tratta di un cuore «pieno di gioia» (13,44), quel sentimento che nasce dentro e poi distende sul volto la sua luce. Quel segnale di conferma che il Signore pone dentro di noi, ma che poi – inevitabilmente – diventa regalo per altri. Proprio come anche la nostra vita è chiamata a essere e diventare.


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