Festa dei Ss. Timoteo e Tito

Letture: 2Tm 1,1-8 / Sal 95 / Lc 10,1-9


ALTRI APOSTOLI



Un’indicazione illuminate per celebrare e meditare la festa odierna ci viene offerta dall’avvio del Vangelo, dove il Signore Gesù, subito dopo aver ribadito le radicali esigenze della sequela, estende la chiamata ad annunciare il regno ad «altri settantadue» discepoli, inviandoli «a due a due davanti a sé in ogni città e luogo dove stava per recarsi» (Lc 10,1). Sorprende questa decisione di allargare la cerchia dei collaboratori, proprio nel momento in cui quelli già presenti sembrano esitare incerti. Addirittura sconcerta il fatto che i nuovi apostoli siano inviati «davanti» al volto del loro Maestro, tanto esigente nel farsi seguire quanto liberale nel farsi precedere. Questo carattere prodigo e fiducioso di Dio, che emerge dalle parole e dai gesti di Cristo, fa da sfondo alle figure di Timoteo e Tito, due splendidi frutti della conversione di san Paolo e della sua attività missionaria. Avendo udito «la promessa della vita che è in Cristo Gesù» (2Tm 1,1), i due santi diventarono discepoli e compagni dell’apostolo, aggregandosi alla comunità dei credenti fino a diventare i pastori delle chiese di Efeso e di Creta.


L’annuncio del Regno è un compito che il Signore consegna alle nostri mani con grande ottimismo, estendendo giorno dopo giorno sia il numero dei chiamati, sia i confini delle realtà illuminate dal vangelo. Ciò esige che ciascuno di noi sia lasci coinvolgere in prima persona, assumendo il compito di incarnare la parola di Dio in «ogni città e luogo» dove la nostra umanità è posta accanto a quella degli altri, per diventare parabola vivente della comunione possibile tra i figli di Dio.


Non ci resta che ritrovare anche noi un po’ di quell’ottimismo che nasce dalla speranza di poter «vivere in questo mondo con giustizia e con amore di figli» (Colletta), poiché anche noi siamo altri apostoli di cui il Signore ha bisogno. Proprio questo mondo, che spesso sappiamo giudicare soltanto minaccioso e indifferente, agli occhi di Dio rimane una «messe abbondante» (Lc 10,2), piena di fratelli che attendono l’olio della consolazione e l’annuncio della pace: «È vicino a voi il regno di Dio» (10,9). Se la fede non può essere mai imposta, è pur vero che sempre ha bisogno di essere gioiosamente proposta. I frutti di questa trasmissione, che non possono certo essere scontati, vengono descritti dallo stesso Paolo quando scrive a Timoteo: «Mi ricordo infatti della tua schietta fede, che ebbero anche tua nonna Lòide e tua madre Eunìce, e che ora, ne sono certo, è anche in te» (2Tm 1,5). Lo Spirito ricevuto nel battesimo, che ha unito la nostra vita al mistero pasquale di Cristo e alla sua missione, è un «dono di Dio» (2,6) che va continuamente ravvivato, affinché non si affievolisca trasformandosi in «uno spirito di timidezza», ma rimanga in noi come spirito «di forza, di carità e di prudenza» (2Tm 1,7). Solo così, senza vergogna e con tranquillità, possiamo «dare la testimonianza al Signore nostro», offrendo a tutti il conforto delle buona notizia: «È stabile il mondo, non potrà vacillare» (salmo responsoriale).


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