Martedì - III settimana di Avvento

Letture: Sof 3,1-2.9-13 / Sal 33 / Mt 21,28-32


NON ARROSSIRE



Mentre la festa del Natale accorcia la sua distanza dalla nostra attesa, la liturgia ci incalza quasi per metterci in guardia, come a suo tempo ebbe modo di fare il profeta Sofonia con il popolo di Israele: «Guai alla città ribelle e impura, alla città che opprime! Non ha ascoltato la voce, non ha accettato la correzione. Non ha confidato nel Signore, non si è rivolta al suo Dio» (Sof 3,1-2). Queste parole, che ha prima vista possono risuonare come un rimprovero e un giudizio, in realtà vogliono verificare la docilità alla conversione. Il Signore non cerca primariamente in noi la coerenza, l’esenzione da ribellioni e impurità, ma la disponibilità a metterci in discussione, accogliendo quei momenti in cui la vita esige cambiamenti e adattamenti.


Ne abbiamo conferma dalla parabola del vangelo, che il Maestro rivolge «ai capi dei sacerdoti e agli anziani del popolo» (Mt 21,27) i quali non hanno ascoltato la voce di «Giovanni», il profeta che aveva annunciato la speranza «per il perdono dei peccati» (Mc 1,4). Dei due figli che reagiscono in modo antitetico al comando del padre che chiede loro di andare a lavorare nella vigna – l’uno dichiarando: «Non ne ho voglia», l’altro: «Sì, signore» (21,29-30) – viene elogiato soltanto uno, quello che «poi si pentì e vi andò» (21,29). L’altro, che risponde positivamente ma poi non mette in pratica l’intenzione, diventa figura di chi nasconde dietro a un’obbedienza formale un cuore «ribelle» e non accetta di dover cambiare. «I pubblicani e le prostitute», il cui bisogno di conversione è manifesto, «hanno creduto» alla «via della giustizia» (Mt 21,32) annunciata dal Battista. Hanno accettato e integrato il loro fallimento, comprendendo che «il Signore è vicino a chi ha il cuore spezzato, egli salva gli spiriti affranti» (cf. salmo responsoriale). Per questo passano «avanti nel regno di Dio» (Mt 21,31), sono gli ultimi che diventano i primi.


Guai a noi, se mentre Dio si fa piccolo davanti a noi e per noi ancora una volta in questo Natale, decideremo di nascondere il nostro bisogno di cambiare, giungendo davanti al mistero dell’incarnazione «nemmeno pentiti» (21,32). Beati noi se sapremo uscire dalla prigione delle convenzioni e dei formalismi, smettendo di fingere che va tutto bene, trasformando ogni grido e ogni lacrima in preghiera fiduciosa, in attesa di salvezza. Allora non dovremo più avere «vergogna» (Sof 3,11) di ciò che siamo o non riusciamo a essere, i nostri «volti non dovranno arrossire» (cf. salmo responsoriale) davanti a nessuno. Sarà vero Natale per le nostre case, le nostre famiglie, le nostre comunità, perché ci sarà pace: «Potranno pascolare e riposare senza che alcuno li molesti» (Sof 3,13).


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