Memoria di Santa Marta

Letture: 1Gv 4,7-16 / Sal 34 / Gv 11,19-27


ESSERE PRONTI




Nonostante l’ampio elogio che il Signore Gesù fa di Maria, accoccolata ai suoi piedi nell’atteggiamento dell’ascolto, la liturgia della chiesa oggi preferisce celebrare il ricordo della sorella Marta. Di lei non viene evidentemente sottolineato l’atteggiamento di dispersione in troppe cose da fare - stigmatizzato dallo stesso Maestro nel vangelo di Luca - bensì la sua squisita attitudine a lasciarsi mettere in moto dalle visite del Signore.


La figura di Marta si rivela attenta nell’ospitalità, come l’antifona di ingresso si premura di indicare: «Gesù entrò in un villaggio e una donna, di nome Marta, lo accolse nella sua casa». Tale immagine si rafforza ulteriormente nel racconto evangelico della risurrezione di Lazzaro. Proprio nel momento di massimo sconforto, quando «molti Giudei» (Gv 11,19) sfilavano ormai in processione da Marta e Maria per la morte del loro fratello, Marta «udì che veniva Gesù, gli andò incontro; Maria invece stava seduta in casa» (11,19). Non sappiamo se sia ancora l’agitazione a prevalere in Marta e la meditazione nel più raccolto cuore di Maria, certo è che i ruoli ora sembrano invertirsi. Mentre Maria rimane immobile, Marta approfitta con slancio della presenza del Signore con il quale costruisce un dialogo che le permette di approfondire la sua fede: «Signore, se tu fossi stato qui, mio fratello non sarebbe morto! Ma anche ora so che qualunque cosa tu chiederai a Dio, Dio te la concederà» (11,21-22). Il Signore accoglie e rilancia la direzione di questa fiducia: «Io sono la risurrezione e la vita; chi crede in me, anche se muore, vivrà; chiunque vive e crede in me, non morirà in eterno. Credi questo?» (11,25-26).


Anche - soprattutto - nei momenti in cui il conto della vita non torna affatto, rimane in noi una sorprendente attitudine a uscire da noi stessi per incontrare una vita più grande di quella che in noi e attorno a noi sembra finire. Sono gli istanti in cui, magari in mezzo al dubio e alle lacrime, possiamo raccogliere la chiamata di Dio a mettere amore in ciò che facciamo, testimoniando la verità del vangelo: «Chiunque ama è stato generato da Dio e conosce Dio» (1Gv 4,7). «Essere pronti a servire Gesù nei fratelli» (cf. Colletta) è la forma quotidiana con cui possiamo autenticare la fede in quel Dio che «ha mandato il suo Figlio come vittima di espiazione per i nostri peccati (4,10). Infatti, «se Dio ci ha amati così, anche noi dobbiamo amarci gli uni gli altri» (4,11). La semplicità con cui Marta apre la sua casa e il suo cuore alla presenza del Signore è un monito per noi a tenere gli occhi ben aperti. Essere capaci non è indispensabile, perché il cielo è paziente e la vita una grande maestra. Essere pronti è tutto, poiché «la risurrezione e la vita» (Gv 11,25) bussano ora alla nostra porta.


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