Martedì - XV settimana del Tempo Ordinario

Letture: Is 7,1-9 / Sal 48 / Mt 11,20-24


CUORI AGITATI



Oggi le Scritture ci ricordano la necessità della conversione del cuore, trasformazione indispensabile se vogliamo che al centro della nostra vita regni la pace e non l’agitazione. Rivolgendosi a un re assediato da una lega di nemici che sta circondando Gerusalemme per «espugnarla» (Is 7,1), il profeta Isaia gli offre un grande conforto: «Ciò non avverrà e non sarà!» (7,7). Non sono queste le parole che anche noi vorremo sentire, ogni volta che il nostro ‘dentro’ si intasa di paure e noi sbatacchiamo qua e là, «come si agitano gli alberi della foresta per il vento» (Is 7,2)?


Subito dopo, però, il profeta aggiunge una condizione: «Ma se non crederete, non resterete saldi» (7,9). Non si scappa: la durata dei nostri equilibri interiori è legata alla disponibilità con cui siamo disposti ad affidarci a Dio. Il Maestro Gesù definiva questa apertura del cuore ‘conversione’ e non aveva timore a muovere severi ammonimenti contro «le città nelle quali era avvenuta la maggior parte dei suoi prodigi» e «non si erano convertite» (Mt 11,20). Nel suo acerbo rimprovero possiamo cogliere soprattutto una manifestazione di amore: «Guai a te, Corazìn! Guai a te, Betsàida!» (11,21), talmente accorata da spingersi fino a drammatiche conclusioni: «Ebbene, io vi dico: nel giorno del giudizio, Tiro e Sidòne saranno trattate meno duramente di voi» (11,22).


Ascoltando queste parole forse possiamo provare, di primo acchito, una sensazione sgradevole. Come se Dio si mettesse a scuotere ulteriormente i nostri rami, già provati e stanchi, al termine di un altro anno (sociale, scolastico, lavorativo) e in cerca di un po’ di ristoro estivo. Ma non dobbiamo dimenticare che chi ci scuote spesso ci ama, chi ci desta dai nostri torpori non vuole aumentare il nostro senso di inadeguatezza ma si sta preoccupando della nostra vita.


Se accogliamo senza musoneria la ruvida parola che Dio ci regala oggi, forse possiamo riconoscere che la conversione ci è proprio necessaria. Talmente assuefatti alla cultura dell’opulenza, che consuma e dimentica, siamo diventati poco sensibili alle continue visite di Dio nella nostra vita. Mai sazi e sereni per quello che c’è, trascorriamo il tempo ad attendere quello che forse mai arriverà, o a desiderare quello che è meglio che non arrivi mai. Insoddisfatti, ingrati e agitati, abbiamo smarrito l’abitudine di guardare la vita con fede. E invece basterebbe cambiare lo sguardo del cuore per accorgersi che la vita è qui ed è adesso, che Dio c’è con la sua squisita provvidenza. Che i nostri cuori agitati possono imparare a gustare il dono della pace.


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