Martedì della IV settimana - Tempo di Quaresima

Letture: Ez 47,1-9.12 / Sal 46 / Gv 5,1-16


GUARIRE



Due domande ci rivolge oggi la Parola di Dio. La prima, tratta dalla lettura profetica, vuole quasi essere una sorta di verifica, a metà del nostro itinerario quaresimale: «Hai visto, figlio dell’uomo?» (Ez 47,6). L’angelo del Signore sta illustrando al profeta la grandiosa immagine del tempio di Dio da cui sgorga un fiume immenso di acqua «e là dove giungerà il torrente tutto rivivrà» (47,9). E noi, che cosa abbiamo visto in questa prima metà del viaggio verso la Pasqua? Davanti a quale volto abbiamo ascoltato le Scritture, abbiamo pregato, ci siamo impegnati nella carità e nel distacco da noi stessi? Serve una verifica a metà del viaggio, perché la guarigione del nostro spirito non può avvenire in anestesia totale. Occorre la nostra partecipazione, la corrispondenza del nostro desiderio a ciò che Dio vuole donarci. Ci sono aspetti della nostra umanità che attendono redenzione da tutta una vita, come quell’uomo di cui parla oggi il vangelo che «da trentotto anni» era «malato» (Gv 5,5).


L’immagine evangelica che apre la narrazione è drammatica: nella cornice liturgica di una «festa per i Giudei» (5,1) presso «la porta delle pecore» (5,2), a Gerusalemme c’era una piscina, che con i suoi «cinque portici» (5,2) simboleggia la Legge di Mosè, presso la quale «giaceva un gran numero di infermi, ciechi, zoppi e paralitici» (5,3). Là dove le vittime entravano per poi essere sacrificate dentro il tempio, troviamo la figura desolata di una moltitudine umana che ben rappresenta la conseguenza di una religiosità ancora fondata sulla Legge e sul sacrificio, che non ha «visto» ancora il volto del Padre e l’amore del Figlio. Questa folla che potrebbe descrivere anche noi, come credenti ancora in cammino verso il Padre e la libertà dei figli di Dio, ha bisogno di essere guarita. Ma il miracolo non avviene simultaneamente per tutti. Solo «il primo a entrare nella piscina dopo l’agitazione dell’acqua guariva da qualsiasi malattia fosse affetto» (5,4). Non esistono, al livello profondo dell’anima, le guarigioni di massa; l’amore ha bisogno di uno spazio personale per potersi esprimere e manifestare pienamente. Allora Gesù domanda ad uno che «da molto tempo stava così»: «Vuoi guarire?» (5,6). Ecco la seconda domanda. Una domanda per nulla scontata! Vogliamo guarire dalla nostra infermità? Ci sembra necessario l’aiuto di qualcuno per poterci muovere dalle nostre paralisi interiori? Oppure le provocazioni che la Parola di Dio ci ha rivolto in questa quaresima hanno risuonato in noi come bisogni lontani, non necessari a noi in questo momento?


Hai visto? Vuoi guarire? Attraverso queste due domande che risuonano nella liturgia il Signore attende di conoscere se vogliamo realmente uscire dai nostri egoismi e dalle nostre mediocrità. Sarebbe bello riguardare un giorno la quaresima che stiamo vivendo e accorgerci che «le acque» del nostro Battesimo «erano cresciute» (Ez 47,5). Per dono di Dio, per nostra consapevole accoglienza.


Commenti

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