Presentazione del Signore

Letture: Eb 2,14-18 / Sal 23 / Lc 2,22-40


LUCE TRA LE BRACCIA



La liturgia della festa di oggi - la presentazione al tempio del bambino Gesù - si apre con una rito della luce, che introduce la celebrazione eucaristica. Tutti i fedeli sono invitati ad accogliere tra le mani una candela e ad entrare in processione dentro la chiesa portando tra le braccia il simbolo della manifestazione di Dio. È un gesto semplice, ma ricco di significato. Esattamente quaranta giorni dopo il Natale, la comunità dei credenti si ricorda che la luce vera venuta nel mondo attraverso la carne di Gesù Cristo ha bisogno di essere accolta tra le braccia e di essere offerta al Signore per la salvezza di tutti.


È un gesto che imita l'atteggiamento di Maria, la giovane vergine che ha saputo allargare le braccia all'irruzione di Dio nel suo giovane grembo. Il Vangelo la dipinge proprio così, quando insieme a Giuseppe si recò al tempio per offrire il suo primogenito come dono «sacro al Signore» (Lc 2,23), così «come prescrive la legge del Signore» (2,24). In questo gesto di umiltà e di gratitudine, la chiesa riconosce l'essenza più profonda della sua missione nel mondo: accogliere e offrire il Salvatore del mondo attraverso la propria umanità amata da Dio. Non a caso in questo giorno tutta la Chiesa fa memoria del dono della Vita Consacrata, l'esperienza ininterrotta di tanti uomini e donne che professano i consigli evangelici di povertà, castità e obbedienza, esprimendo così il desiderio di una radicale dedizione al regno di Dio.


I frati, le suore, i monaci e i laici consacrati, non hanno infatti un ruolo ben preciso all'interno della Chiesa. Non fanno parte della sua gerarchica, necessaria a svolgere il suo ruolo istituzionale dentro la storia, ma appartengono alla «vita e alla santità della della Chiesa» (cf LG 44). Ciò significa che il compito affidato dal Signore ai religiosi e alle religiose non è anzitutto qualcosa da fare, ma qualcosa da essere: due braccia aperte che accolgono la luce della rivelazione di Dio nella loro vita e, nel contempo, la offrono al mondo, attraverso la loro testimonianza di vita evangelica. Così facendo essi proclamano che la «gloria di Israele» (2,32) è la «salvezza» (2,30) di Dio offerta a tutte le «genti» (2,32), dal momento che il «Cristo» ha deciso di avere «in comune» con la nostra umanità «il sangue e la carne» (Eb 2,14). Per questo è in grado di «venire in aiuto a quelli che subiscono la prova» (2,18) e di liberare noi tutti, «soggetti a schiavitù per tutta la vita» (2,15). La vita consacrata è un dono di Dio fatto alla Chiesa perché ricorda con semplicità che cosa un cristiano è chiamato ad essere prima e al di là di ogni ruolo assunto. Due braccia che, mentre accolgono, offrono al mondo il dono della luce di Dio. Umilmente.


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