II Domenica - Tempo di Quaresima - Anno C

Letture: Gen 15,5-12.17-18 / Sal 26 / Fil 3,17-4,1 / Lc 9,28-36


È BELLO



Siamo entrati nel deserto della Quaresima insieme al Signore Gesù per incontrare le nostre tentazioni e, guidati dallo Spirito, per combatterle. Abbiamo accolto l’invito a dedicare un parte del nostro tempo per fare un po’ di verità nella nostra vita. Attraverso la preghiera, il digiuno e la carità ci siamo regalati una nuova occasione per separarci dalle tentazioni che, ogni giorno, assediano il nostro cuore: la tentazione di farci possedere dai nostri bisogni, la tentazione di impadronirci degli altri, la tentazione di piegare la volontà di Dio ai nostri progetti. Un programma intenso e, in certo senso, proibitivo, se non fosse per un motivo: che è bello! Troppo bello.


In disparte

Il Maestro Gesù decide di salire su un « monte » (Lc 9,28), per dedicarsi ad una preghiera più raccolta e profonda. Prende con sé alcuni discepoli, « Pietro, Giovanni e Giacomo » (9,28). In Galilea - duemila anni fa come oggi - i posti per raccogliersi in preghiera sono offerti in abbondanza dalla natura ospitale e verdeggiante. Non c’è bisogno di grandi spostamenti o arrampicate per fare silenzio e ritrovarsi a tu per tu con Dio. Eppure il Maestro sente il bisogno di salire in cima al monte per un incontro speciale con Dio, colui che è Altro da tutte le cose. Ecco, nell’avvio del Vangelo c’è già un richiamo indispensabile per portare avanti la nostra conversione. La nostra preghiera ha bisogno - almeno ogni tanto - di compiersi nel silenzio e nella solitudine. È vero che la vita cristiana è un’esperienza di comunione che ci spinge a costruire rapporti fraterni con gli altri e con il mondo. Ma è altrettanto vero ciascuno di noi ha un rapporto unico e personale con Dio, e porta nel cuore il desiderio di conoscere il suo mistero di amore. Così come esiste una dimensione comunitaria della vita cristiana, ne esiste pure una personale che è imprescindibile per ogni battezzato. Il bisogno di vivere momenti di preghiera in solitudine nasce dal fatto che solo Dio conosce in verità il nostro volto e solo dentro una certa intimità egli può rivelarci il suo. Questo è il segreto di tutte le persone che si amano. Amarsi vuol dire, talvolta, incontrarsi nell’intimità. Volto a volto. Cuore a cuore.


Trasfigurato

Restare in solitudine non è esperienza facile. La nostra società, che pone tutto sulla bilancia dell’efficacia o del tornaconto, certo non ci aiuta molto a coltivare spazi di meditazione e di preghiera. Ma il Vangelo ci racconta che, proprio nella solitudine della preghiera, si manifesta un’occasione davvero unica per la nostra vita. Mentre il Signore Gesù « pregava , il suo volto cambiò d’aspetto e la sua veste divenne candida e sfolgorante . Ed ecco, due uomini conversavano con lui: erano Mosè ed Elia, apparsi nella gloria, e parlavano del suo esodo, che stava per compiersi a Gerusalemme » (9,29-31). Era notte e i discepoli, seppre « oppressi dal sonno », si svegliano e vedono « la sua gloria » (9,32), così da esclamare, per bocca di Pietro: « Maestro, è bello per noi essere qui » (9,33). La ‘gloria’, nel linguaggio biblico, è il ‘peso specifico’ di una certa realtà, la sua effettiva rilevanza, il suo spessore di verità. Noi tutti, a causa del « peccato », siamo « privi della gloria di Dio » (Rm 3,23). Ci manca cioè la percezione del peso specifico di Dio, l’intuizione della sua verità, della sua bellezza, del suo bene. I discepoli, sul monte, si trovano proprio di fronte alla manifestazione improvvisa di questa gloria che cambia il volto del loro Maestro e fa diventare i suoi abiti come un sole che brilla. Se la Quaresima non può cominciare senza la nostra disponibilità a metterci un po’ in discussione, la Quaresima non può neppure continuare senza l’intuizione che Dio è bello, che stare con lui è meraviglioso e dona pace al nostro cuore affamato.


Trasfigurati

Recuperare un’intuizione grata e felice di Dio è quanto di più urgente ci serve, per avere la forza di obbedire a Cristo, per fidarci dei suoi insegnamenti, per mettere la nostra vita dietro ai suoi passi, come la voce del Padre invita a fare: « Questi è il Figlio mio, l’eletto; ascoltatelo »  (Lc 9,35). Finché il nostro cuore non è convinto e affascinato dalla parola del Vangelo, noi vivremo la nostra fede come il tentativo di rispettare regole e norme, pensando a Dio più come un insieme di istanze etiche che come un volto bellissimo da adorare, conoscere e imitare. Soltanto un’esperienza gioiosa e contenta di Dio può riaccendere il meccanismo della nostra conversione, e proiettarci verso una vita ad alto profilo. Poiché questo è il desiderio del « Signore Gesù Cristo, il quale trasfigurerà il nostro misero corpo per conformarlo al suo corpo glorioso » (Fil 3,21). Questa è la gioia provata da Abramo quando, immerso nel silenzio della notte, ha sentito la promessa di Dio: « Guarda in cielo e conta le stelle, se riesci a contarle: Tale sarà la tua discendenza » (Gen 15,5). Ci serve avere esperienza di quanto è bello il volto di Dio, insomma, per continuare l’avventura della Quaresima. Per capire quanta vita c’è nella strada che, passando attraverso l’esperienza della croce, giunge alla gioia della risurrezione.


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