Martedì - I settimana del Tempo Ordinario

Letture: 1 Sam 1,9-20 / da 1 Sam 2 / Mc 1,21-28


TACI, ESCI DA LUI!



Non sembra davvero essere un dialogo promettente quello che inizia con uno che dice: «Che vuoi?» (Mc 1,24), e l'altro che risponde: «Taci!» (1,25). Eppure la buona notizia del Vangelo riparte proprio così nel tempo ordinario, con questo scambio di battute dall'aspetto sgarbato e brusco. L'evangelista Marco, che non racconta nulla del Natale da noi appena celebrato, annota tra le prime cose compiute dal Maestro Gesù proprio un esorcismo. Avviene dentro una «sinagoga», (1,21) cioè in un ambiente religioso e si risolve come una potente guarigione interiore: «E lo spirito impuro, straziandolo e gridando forte, uscì da lui» (1,26).


Che ci piaccia oppure no, ascoltare questo inizio di Vangelo, al principio di questo nuovo anno liturgico, significa accettare di avere un problema che ci impedisce di vivere buone relazioni: con Dio, con noi stessi, con gli altri. Siamo troppo connessi alle menzogne che ci abitano, troppo tiranneggiati da imperativi sballati, troppo in balìa delle aspettative fasulle che orientano il nostro agire. C'è insomma eccessivo rumore e chiacchiericcio nel nostro cuore, perché sia possibile per noi sintonizzarci con la Parola di Dio che si è fatta carne. Pertanto la prima cosa che ci accade quando ci mettiamo davanti a Dio può essere quella di non sentire nulla di ciò che ci aspettiamo, ma di cominciare ad essere smentiti nel nostro disordine interiore. Ancora di più: può accadere anche a noi di dover ascoltare una perentoria sentenza di sfratto: «Taci! Esci da lui!» (1,25).


Non è proprio la frase che vorremmo trovare nei baci perugina, tanto più il messaggio che aspettiamo di ascoltare dalla voce di Dio per noi. Amiamo molto di più essere confermati e accarezzati. Così da sentirci - magari per un momento - unici, speciali, adorabili. E invece il Vangelo ci propone di leggere amore dentro questo breve e potente esorcismo, di riconoscere in questo secco imperativo la voce di un Dio che ci vuole così bene da trattarci con schietta verità. Se osiamo inghiottire questa parola, forse anche in noi si possono manifestare i frutti della preghiera, come si racconta di Anna, il cui volto «non fu più come prima» (1Sam 1,18) e «il Signore si ricordò di lei» (1,19).


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